Una ricerca ribadisce che alcune tipologie di piante sono in grado di ripulire le acque di scarico dai rifiuti.
I ricercatori del JNTU-Hyderabad hanno studiato un sistema che utilizza le piante per pulire le acque dai rifiuti umani.
A pochi giorni dalla Giornata Internazionale dell'acqua, il governo indiano punta sul biorisanamento, ovvero l'utilizzo delle piante per la decontaminazione dell'ambiente, all'interno delle proprie campagne di sensibilizzazione.
La metà del liquame generato nello Stato indiano del Telangana finisce nei fiumi e nei laghi senza essere trattato, quindi il biorisanamento potrebbe essere un modo efficace per trattare le acque inquinate.
Diversi studi, condotti negli anni, hanno dimostrato che le piante hanno la capacità di purificare le acque reflue.
Il Dottor MVSS Giridhar del Centro per le risorse idriche
JNTU-Hyderabad, sostiene che alcune tipologie di piante sono efficienti nell'assorbimento dei nitrati e dei fosfati presenti nelle acque di scarico.
Gli impianti convenzionali di trattamento delle acque reflue non sono in grado di rimuovere i nitrati e i fosfati, i quali poi una volta penetrati in falda peggiorano i parametri dell'acqua.
Una delle ragioni principali dietro il problema della presenza di nitrati e fosfati nelle acque reflue urbane, sono i rifiuti umani come i detergenti o i saponi.
Un'analisi condotta da alcuni ricercatori di JNTU-Hyderbad ha preso in considerazione due piante, la Canna indica e la Colacasia esculenta, per testarne l'efficacia nel trattamento delle acque di scarico. Il risultato è che le piante potrebbero essere in grado di ridurre sia nitrati che fosfati, ma anche solidi e altri contaminanti di circa il 50-70%.
Gli studi effettuati in India, ma anche all'estero, hanno dimostrato che alcune piante, note come "hyperaccumulators", hanno la capacità di assorbire quantità elevate di metalli pesanti, come piombo, arsenico, mercurio e cadmio, che non vengono invece rimossi dagli impianti di depurazione convenzionali.
L'uso del biorisanamento viene svolto attraverso la costruzione di "
zone umide artificiali", note come "
i reni della Terra" perché sono in grado di filtrare naturalmente l'acqua, che scorre lentamente in una di queste zone mentre i rifiuti solidi restano intrappolati nel fogliame.
Gli inquinanti organici ed inorganici disciolti vengono ripartiti nelle radici e nella parte superiore delle piante, abbattuti grazie ai microrganismi presenti nell'ecosistema umido.
La fitodepurazione simula la zona umida naturale. Alcune piante specifiche presenti nelle zone umide, come pioppi, salici, erba medica e canne, possono essere coltivate con lo scopo di rendere la zone umida efficace nel trattamento appunto delle acque reflue.
Per lo studio, i ricercatori del JNTU, hanno anche creato una zona umida artificiale per studiare l'effetto delle piante sulle acque di scarico.
Queste zone artificiali possono essere costruite lungo le fogne che portano le acque di scarico, lungo il percorso del fiume Musi, come suggerito dal National Institute Geophysical Research già molti anni fa.
Il Dottor Giridhar, ha spiegato che la costruzione delle zone umide artificiali e l'utilizzo di impianti per la bonifica delle acque di scarico è un sistema a basso costo e molto efficace, come dimostrato da numerose ricerche.
Ora, secondo lui, tocca al governo lavorare affinché si scopra come implementare tutto questo.