Il più grande spedizioniere di container del mondo si impegna a neutralizzare la CO2 entro il 2050. È possibile o si tratta dei soliti artifizi contabili?
Maersk, il colosso danese dei trasporti navali, intende azzerare le proprie emissioni di CO2. Un piano troppo ambizioso, a meno che non si usino trucchi computazionali.
Il colosso danese del trasporto di container Maersk si è impegnato a diventare un'
impresa a emissioni zero entro il 2050. Si tratta del primo impegno nel suo genere da parte di un operatore significativo del settore marittimo. Maersk gestisce più di 780 navi in tutto il mondo e impiega più di 30.000 persone.
L'impegno prevede che Maersk lavori con i governi e le imprese industriali al fine di contribuire a stimolare lo sviluppo di navi e carburanti a impatto zero entro il 2030.
Secondo
un rapporto del Parlamento europeo, l'industria marittima internazionale è attualmente responsabile di circa il 2,5% delle emissioni globali di CO2, ma questa percentuale potrebbe salire al 17% entro il 2050, se il settore non viene regolato.
Le navi cargo e portacontainer sono un importante metodo di trasporto, trasportando ogni anno
miliardi di tonnellate di merci attraverso gruppi commerciali selezionati. Tuttavia, le imbarcazioni pesanti sono spesso forti emettitori. Secondo il rapporto di cui sopra, le navi da 5.000 tonnellate di stazza lorda e oltre rappresentano l'85% delle emissioni di carbonio del settore marittimo.
L'obiettivo dell'Organizzazione marittima internazionale (IMO) è quello di
dimezzare le emissioni di CO2 dai livelli del 2008 entro il 2050. La nave da carico media per container ha una durata di 20-25 anni, per cui è essenziale agire ora per decarbonizzare il settore navale entro il prossimo decennio.
Alcune delle più grandi società del settore hanno già compiuto progressi verso la decarbonizzazione delle loro operazioni. Secondo il Clean Cargo Working Group, dell'ONG
BSR (Business for Social Responsibility), le emissioni per movimento di container sono diminuite del 37,1% dal 2009.
Da parte sua, Maersk ha ridotto le sue emissioni di CO2 relative del 46% rispetto al 2007, in gran parte attraverso l'adozione di tecnologie di efficienza energetica e l'approvvigionamento di energia rinnovabile.
Tuttavia, man mano che si raggiungono risultati, i progressi rallentano asintoticamente: la più recente ricerca del Clean Cargo Working Group conclude che le emissioni assolute delle 22 maggiori aziende del settore sono
scese dell'1% tra il 2016 e il 2017.
Per stimolare un'azione più ambiziosa, BSR chiede ora a coloro che operano nel settore di rivolgersi all'innovazione. Di qui l'obiettivo dell'IMO (dimezzamento delle emissioni) e quello di Maerks (emissioni nette pari a zero) per il 2050. Obiettivi così ambiziosi possono essere raggiunti solo se le navi operative dopo il 2030 saranno già a emissioni zero.
La collaborazione, secondo Maerks, sarà la chiave per soddisfare questi impegni. Maersk intende realizzare investimenti significativi per l'ammodernamento delle navi esistenti, l'acquisto di veicoli elettrici a terra, l'approvvigionamento di energia rinnovabile e l'installazione di tecnologie di efficienza energetica.
La cifra esatta non è stata ancora divulgata, ma Maersk ha investito 1 miliardo di dollari ogni anno in progetti di ricerca e sviluppo riguardanti le tecnologie a basse emissioni di carbonio dal 2014. Attraverso questo investimento, ha formato più di 50 ingegneri nei processi di progettazione e installazione per tecnologie di efficienza energetica.
Ma cosa significa emissioni nette pari a zero? Qui i non addetti ai lavori immaginano navi a vela come ai tempi di Magellano, oppure a remi mossi da robusti schiavi. L'impressione è che l'operazione sia una gigantesca boutade. Emissioni nette pari a zero significa convertire l'intera flotta, comprese le macchine
terrestri, a propulsione elettrica o a idrogeno.
Ma anche le macchine elettriche e a idrogeno utilizzano combustibili fossili in ragione del mix energetico della rete da cui si preleva energia. Probabilmente l'intenzione di Maerks è quella di acquistare sul mercato virtuale energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. Questo significa, in pratica, approvvigionarsi dalla stessa rete energetica pagando un piccolo sovrapprezzo, o usando il potere contrattuale di un colosso navale per averla allo stesso prezzo.
Trucchetti contabili, appunto.