Compostaggio con o senza lombrichi? I preziosi anellidi non solo aiutano i microrganismi nel delicato compito di trasformare la sostanza organica, ma sarebbero un argine ai cambiamenti climatici.
Allevare i lombrichi per compostare l'organico: un vecchio sistema guadagna attenzione presso la comunità scientifica.
Quello dei lombrichi è un allevamento oggi poco sviluppato, forse a causa della corsa al lombrico che incastrò finanziariamente molti agricoltori negli anni '80 con la promessa di facili guadagni.
In realtà gli anellidi sono una grande risorsa da e per la natura, per trasformare i rifiuti organici in ammendanti di qualità eccezionale per l'agricoltura e i giardini.
Il processo di compostaggio industriale si basa oggi interamente sui microrganismi, soprattutto termofili. Questo perché l'ideologia dei mega-impianti, figlia dello scorso secolo, mal si combina con la delicatezza dei lombrichi, il cui funzionamento richiede superfici e cure non compatibili con i mastodontici centri di trattamento rifiuti.
Eppure non sfruttare la loro biodigestione è uno spreco: la microflora e gli enzimi presenti nel loro stomaco sono in grado di
accelerare l'umificazione della sostanza organica producendo sostanze di altissima qualità agronomica. Sostanze che, con i problemi connessi all'impoverimento della sostanza organica dovuto all'ipersfruttamento dell'agro-industria, potrebbero essere estremamente utili a più livelli.
Ma la novità di questi giorni è che l'apporto dei lombrichi potrebbe
aiutarci nella lotta ai cambiamenti climatici. Un recente studio,
"Biotic interaction mediate soil microbial feedbacks to climate change", effettuato da un gruppo di ricercatori delle Università di Yale e del Minnesota, ha rivelato che il lavoro di biodigestione dei lombrichi ferma l'azione dei microrganismi responsabili della produzione di CO2. Il carbonio organico si umifica invece di ossidarsi, migliorando il terreno, accelerando la decomposizione e soprattutto limitando la produzione di anidride carbonica.
Dovendo rispettare gli obblighi di rallentamento del processo di riscaldamento terrestre, mantenendolo sotto i 2 °C entro 100 anni, pare proprio che l'umanità non possa permettersi di trascurare il lavoro dei lombrichi. Così come non sono da sottovalutare gli effetti in termini di erosione e impoverimento del terreno e di mantenimento della biodiversità (anche del suolo).
I dati di questo studio contraddicono in parte quelli di uno studio precedente, "
Global worming: Earthworms contribute to climate change", effettuato nel 2013 e pubblicato su Nature Climate Change, secondo il quale i lombrichi aumenterebbero le emissioni di CO2. In realtà lo studio del 2013 riguardava l'aumento delle operazioni di compostaggio effettuate nel terreno, quindi in sostanza si accusava i lombrichi di essere efficienti compostatori.
Rimane il fatto che, a parità di demolizione della sostanza organica, i lombrichi si sono dimostrati più efficienti dei batteri termofili in termini di produzione di CO2, un dato confermato dalla minore temperatura prodotta.
In sintesi, il lombricompostaggio appare sempre più tecnica da riscoprire, anche in virtù dei nuovi approcci tecnologici e gestionali che favoriscono
i micro-impianti. Per cui potrebbero essere utili non solo per le famiglie, ma anche per le piccole aziende, come ristoranti o aziende di trasformazione alimentare.
Il risultato sarebbe un grande risparmio economico sia per i consumatori che per le amministrazioni, anche in termini di diminuzione della tassa da pagare.