Le occasioni per far parlare i papaveri delle organizzazioni mondiali non mancano mai. Alla Conferenza Mondiale sugli oceani a New York, palco importante per il segretario ONU.
Durante l'ennesima inutile Giornata Mondiale degli Oceani, si sono levate forti voci di sdegno. Questa volta l'obiettivo erano sacchetti della spesa, oggetti monouso e microsfere di plastica, e il baluardo da difendere i mari. L'unica novità di rilievo una petizione milionaria con richieste concrete.
Sono numerose le ricerche effettuate per comprendere e capire come gli oceani possano evitare di essere le vittime dei rifiuti plastici. Il messaggio emerge con forza durante l'ennesima inutile
Giornata Mondiale di Qualcosa, pagliacciate create per sensibilizzare per un giorno un'opinione pubblica indolente e svogliata, in questo caso specifico dedicata alla difesa degli oceani ormai dichiarati a rischio.
Sacchetti della spesa, oggetti monouso e microsfere di plastica rischiano di diventare i nuovi abitanti marini, superando di gran lunga i pesci. Una stima evidenziata dal segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, che, durante la Conferenza Mondiale sugli oceani in corso, appunto, a New York in questi giorni, prevede questa tragedia entro il 2050.
Secondo le ultime analisi riportate da Guterres, all'interno degli oceani vi sono più
di 150 milioni di tonnellate di plastica, problemi che è necessario risolvere velocemente, anche semplicemente evitando che si aggravi. Un appello è stato lanciato anche dai cittadini: infatti, alla Conferenza Onu è stata presentata una petizione firmata da più di un milione di persone che chiedono il divieto sulla plastica monouso entro cinque anni.
La petizione è stata consegnata all'Unep, il Programma Onu per l'ambiente, a sostegno della campagna
#CleanSeas, la quale lotta contro i rifiuti del mare. La campagna ha l'obiettivo di
indurre i governi del mondo a vietare entro il 2022 l'uso di oggetti monouso in plastica e delle microsfere cosmetiche, di cui abbiamo già parlato, che si trovano all'interno di dentifrici, creme solari, filler ed esfolianti. Al momento, le aziende che hanno aderito alla campagna sono una ventina, ovviamente non bastano.
Le microsfere, a differenza di bottiglie e sacchetti che galleggiano, non sono ben visibili ad occhio nudo e sono talmente piccole da filtrarsi negli impianti di depurazione delle acque. In questo modo, entrano nel mare e vengono ingerite dai pesci, fino a raggiungere le nostre tavole. Si stima che per ogni doccia possono finire nel mare circa 100mila microsfere, le quali contribuiscono agli 8 milioni di tonnellate di rifiuti plastici che ogni anno popolano il mare.
Come sempre la scienza propone nuove soluzioni, come le microsfere bio: infatti alla Giornata mondiale l'università inglese di Bath ha presentato uno studio sulla creazione di microsfere di cellulosa realizzate con materiali rinnovabili e biodegradabili. A prima vista paiono essere l'ennesima messinscena (ricordiamo le bioplastiche o le posate edibili), ma un tentativo c'è.
Facciamo nostre le parole di
Mario Spezia su veramente.org: "
C'è bisogno di fatti, vale a dire di comportamenti capaci di invertire la tendenza fino ad oggi imposta dai diversi operatori economici. Possiamo tranquillamente smettere di occuparci di tutte queste commemorazioni dato che ormai il danno è fatto. Faremmo meglio ad impiegare le nostre forze residue per fare qualcosa, anche piccole cose, che vadano nella direzione opposta a quella che la nostra "civiltà" ha deciso di intraprendere."