Secondo uno studio, sarebbe possibile ricavare economicamente isoprene, la materia fondamentale per la costruzione di pneumatici, da matrici vegetali.
Da anni i ricercatori sono al lavoro per trovare metodi sostenibili per produrre isoprene, materia fondamentale per la produzione di pneumatici. I risultati sono vicini, secondo l'universita del Minnesota.
Roba sporca, gli pneumatici. E non solo a causa del fango di cui si imbrattano nella loro vita tecnica. Anche la fabbricazione della gomma è un processo ad alta intensità di risorse, fortemente dipendente dal petrolio. Ma ora gli scienziati stanno studiando l'ingresso di una sostanza chimica per sostituire la molecola chiave che costituisce gli pneumatici convenzionali con una proveniente da erba e alberi, senza modificare colore, forma e soprattutto prestazioni dello pneumatico.
L'impatto ambientale della produzione di pneumatici ha stimolato da anni la ricerca di un metodo più sostenibile. Questi sforzi si sono concentrati sulla componente principale della gomma, una molecola chiamata isoprene. Per produrre l'isoprene, si deve sottoporre il petrolio a
cracking termico, ovvero rompere le catene del greggio e riorganizzarle nelle catene di isoprene, purificandole da centinaia di altre sostanze chimiche.
La novità è che l'isoprene
può anche essere ricavato da fonti vegetali. Già si conoscono esperimenti per utilizzare gli zuccheri derivati dalle biomasse, ma finora i risultati sono stati frustranti non appena la scala si scostava dal laboratorio e si avvicinava a dimensioni industriali. Nel 2010, per esempio, Goodyear descrisse un metodo che utilizzava batteri per la produzione microbica di isoprene, e nel 2012 si studiò la clonazione di un enzima chiave per la produzione di isoprene.
Ora i ricercatori dell'Università del Minnesota
pubblicano uno studio in cui sostengono di aver fatto un ulteriore passo avanti, grazie a un processo chimico che combina la fermentazione microbica naturale con la raffinazione catalitica, simile al processo utilizzato per raffinare il petrolio.
Si parte da un processo analogo a quello di Goodyear del 2010, ovvero dalla fermentazione microbica degli zuccheri vegetali, come il glucosio, in qualcosa chiamato
acido itaconico. Questo acido viene poi additivato con idrogeno, causando una reazione chimica che produce una sostanza chiamata
metil-THF.
È qui che abbiamo la svolta, ovvero l'uso di un catalizzatore di recente scoperta chiamato
Phosphorous Self-Pillared Pentasil (qualcosa che potremmo tradurre con Pentasil fosforoso auto-sorretto), che serve a disidratare (togliere atomi idrogeno) il metil-THF e trasformarlo in isoprene. Questo metodo ha mostrato un'efficienza catalitica fino al 90 per cento, che significa alta resa in isoprene, che secondo i ricercatori potrebbe aprire la strada al bio-isoprene e potrebbe anche portare ad altri prodotti tecnologici a base di gomma.
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Le prestazioni dei nuovi catalizzatori sono state sorprendenti", sostiene Paul Dauenhauer, professore associato di ingegneria chimica presso l'Università del Minnesota e autore principale del nuovo studio.
"Questa nuova classe di catalizzatori acidi solidi mostra un'efficienza catalitica notevolmente migliorata ed è la ragione per augurarci che l'isoprene da fonti rinnovabili sia realmente possibile".