L'economia cinese si è ripresa dalla pandemia generando uno sproposito di gas serra. Riuscirà il gigante asiatico a rispettare i suoi obiettivi sul cambiamento climatico?
Le emissioni di CO₂ sono aumentate in Cina del 4% nella seconda metà del 2020, in gran parte a seguito di una ripresa trainata dall'industria pesante che ha visto un'impennata della produzione di acciaio e cemento e un aumento del consumo nazionale di combustibili fossili, secondo il Center for Research on Energy e Clean Air (CREA).
Pechino ha registrato la peggiore qualità dell'aria in oltre un anno, tanto che i suoi leader hanno emesso un allarme per forte inquinamento atmosferico a partire da mercoledì scorso.
La Cina è stata l'unica grande economia ad espandersi lo scorso anno, a causa dell'anticipata ed energica gestione del contagio. È stato anche l'unico principale inquinatore a registrare emissioni più elevate nel 2020 rispetto all'anno precedente.
Mantenere la crescita economica e l'occupazione stabile come priorità a breve termine significherebbe un'ulteriore crescita delle emissioni. Emissioni più elevate nel 2021 e nei prossimi anni renderanno difficile per la Cina raggiungere il picco prima del 2030, richiedendo misure più rigorose da attuare in seguito.
Un rischio è che i governi locali o le imprese statali possano usare la flessibilità sulle emissioni a breve termine, per introdurre progetti ad alta intensità di carbonio, che avrebbero ripercussioni permanenti sul futuro.Nella seconda metà dell'anno, il consumo di carbone della Cina è aumentato di circa il 3,2%, la domanda di petrolio ha visto un rimbalzo del 6,5% e la produzione di cemento e acciaio è aumentata rispettivamente dell'8,4% e del 12,6%, secondo il CREA.
Eppure non tira aria di allentamento della tensione sulla ripresa forzata. Anzi, il premier Li Keqiang ha dichiarato pochi giorni fa che l'obiettivo rimane superare la crescita del 6%.
La Cina ha sostanzialmente revisionato i piani per riformare la sua economia, dando priorità all'industria e all'edilizia rispetto ai consumi e ai servizi. Il denaro è affluito a nuovi progetti sui combustibili fossili nonostante l'appello del presidente Xi Jinping per una ripresa verde globale.
Questi sforzi manterranno probabilmente, come detto, la pressione sulle industrie inquinanti, almeno a breve termine, complicando il compito di raggiungere gli obiettivi di raggiungere il picco delle emissioni entro il 2030 e raggiungere neutralità del carbonio entro il 2060.
Anche i piani sul clima, effettuati post-pandemia, sono deludenti. Le proposte non fissano un obiettivo preciso per la riduzione delle emissioni e non c'è alcun tentativo di anticipare dal 2030 la data in cui la Cina si aspetta che raggiungano il picco.
Eppure, è proprio in questi momenti che sarebbe opportuno indirizzare gli investimenti in energia verde, trasporti e infrastrutture, invece di costruire più capacità fossili.