Demoliamo un po' di luoghi comuni su raccolta e riciclo rifiuti, attività delicatissime che chiudono il ciclo economico, sempre in balia di fluttuazioni di prezzi e mercato.
Il settore dei rifiuti, soprattutto dei riciclabili, non è affatto ricco. Anzi, vive di sovvenzioni ed è particolarmente esposto alle fluttuazioni dei prezzi di materie prime e trasporto.
Sono molti i
luoghi comuni sull'economia dei rifiuti radicati profondamente nelle persone. Un'economia considerata ricca e in espansione, piena di fantastici materiali da cui ottenere fantastici profitti.
In realtà si tratta di un'attività povera, con valori di fatturato per unità di peso o volume così bassi, che le economie di scala, la logistica e i trasporti hanno un impatto elevatissimo. Questo costringe a delocalizzare centri di smistamento e trattamento il più vicino possibile ai luoghi di produzione del rifiuto.
Se il settore dello smaltimento dei rifiuti non brilla per floridità, ancor più povero e in costante ricerca di efficienza è quello del
riciclo, che soffre dell'elevato costo della raccolta e della mancanza di sbocchi per il prodotto finale. La botta finale al settore è arrivata dalla Cina, che fino al 2017 è stata il destinatario principale dei materiali recuperati per il riciclo, e che dal 2018 ne ha bloccato di fatto l'importazione (vedi
Effetti del divieto cinese di importazione della plastica e
Metalli: la Cina sta cambiando il mondo).
Cerchiamo di smontare un po' di luoghi comuni che assillano un settore, come quello del riciclo, che sta tentando faticosamente di
ricostruire una filiera bruscamente troncata, non senza ragioni, dalle autorità cinesi.
La prima affermazione errata è quella secondo cui non sarebbe giusto
scaricare il lavoro di cernita sui cittadini, e quindi sulla loro diligenza nell'attuare la raccolta differenziata, senza fornire loro una contropartita monetaria. Tale affermazione si basa sulla falsità di quanto detto sopra, ovvero che il riciclo fornisca complessivamente profitti.
In realtà, fatto salvo qualche materiale, l'attività del riciclo dei rifiuti domestici è
complessivamente in perdita. Riesce a sostenersi solo perché i comuni si sobbarcano le fasi costosissime della raccolta porta-a-porta, e molto spesso addirittura pagano un contributo per la lavorazione dei materiali.
Quindi il necessario impegno del cittadino nel differenziare i rifiuti non serve ad arricchire chissà quale multinazionale o addirittura la camorra, ma solo ad
alleviare in parte le ingenti spese che i comuni, ovvero la collettività, sono costretti ad affrontare. Detto così, fa una bella differenza.
In particolare, alluminio e PET sono gli unici materiali che hanno una voce attiva nel bilancio (cioè vengono effettivamente venduti ai produttori di imballaggi nuovi), ma
solo l'alluminio si ripaga davvero all'interno dell'intera filiera. Per gli altri materiali, PET compreso, i costi per la raccolta sono molto maggiori degli eventuali ricavi finali.
L'errore che viene spesso fatto è quello di valutare il bilancio dei soli impianti di riciclo, trascurando tutto ciò che c'è a monte, ovvero
il costo della raccolta. Chi fa i conti in tasca agli impianti di riciclo, spesso dimentica che la maggior parte dei costi nel riciclaggio avviene molto prima che il materiale arrivi all'impianto.
La raccolta per il riciclo costa di più perché ci sono molte meno opportunità di compattazione per i materiali. Container identici per la raccolta differenziata destinata al riciclo e per i rifiuti saranno in grado di contenere nel primo caso 5 tonnellate di materiali riciclabili, nel secondo 8-10 o anche 12 tonnellate, per la raccolta di rifiuti. Il costo di raccolta e trasporto sarà quindi quasi il doppio per il riciclo.
Ma alcuni tipi di materiali sono costosi da riciclare indipendentemente dai costi di raccolta. Un esempio è il vetro, che richiede costi non indifferenti per l'impianto di riciclo e anche per gli utilizzatori del materiale riciclato. Costi che spesso sono giustificabili solo in termini di immagine, ovvero sono affrontati da alcune aziende imbottigliatrici per mostrare una politica ecologica ai propri consumatori.
Un esempio lampante di come sia conveniente portare in discarica i rifiuti piuttosto che recuperare il loro contenuto anche prezioso, è quello dei RAEE, ovvero
i rifiuti elettronici. Sono teoricamente composti di metalli preziosi e terre rare, ma in misura così esigua e difficile da recuperare che non è tecnicamente possibile tirarli fuori economicamente dal rifiuto.
L'unico sistema per ora collaudato e funzionante è affidare questo recupero a famiglie di disperati che, incuranti della salute e propria e dell'ambiente, bruciano queste schede all'aperto per recuperare i metalli preziosi, come avviene nelle discariche di Guiyu in Cina e Agbogbloshie in Ghana (vedi
L'Asia sepolta da una montagna di rifiuti elettronici e
Allarme per i vecchi smartphone non smaltiti).
Per evitare questo, è fondamentale il fatto che i produttori di dispositivi nuovi (computer, smartphone, televisori, etc.) siano obbligati ad
assumersi una grossa parte dei costi di smaltimento e riciclo, coordinati dai consorzi di categoria. In Italia e in UE, questa filiera funziona, altrove non si può dire altrettanto (vedi
Eartheye, il tracciamento dei rifiuti elettronici).
A tutte queste difficoltà occorre aggiungere
le fluttuazioni nei prezzi. Il riciclatore non riesce a lavorare in un ambito di stabilità dei prezzi finali, che sono spesso la voce principale di ricavo. Negli ultimi anni, inoltre, l'industria ha registrato una flessione dei prezzi dei materiali.
Carta, PET e HDPE hanno perso gran parte del valore di mercato e della possibilità di sbocco a causa del divieto di importazioni cinese di cui abbiamo parlato. I prezzi delle lattine di alluminio hanno subito alti e bassi negli ultimi anni. A fine del 2018, i prezzi sono scesi consistentemente, anche a causa del sempre più esteso uso dell'acciaio per le bevande.
La
pulizia del materiale è fondamentale per il corretto riciclo e la successiva vendita. Per esempio, le materie plastiche PET dai programmi di deposito (vuoto a rendere) in genere vendono il 40% in più rispetto al PET derivanti dalla cernita. Allo stesso modo, il vetro da raccolta differenziata ha un valore molto più basso (spesso anche negativo) rispetto al materiale derivante dal vuoto a rendere.
In Germania ci sono contenitori per la raccolta pubblica separati per il vetro di diversi colori. Questa cernita alla fonte permette un'elevata qualità del riciclabile, consentendo anche agli utilizzatori di lavorare un contenuto molto più elevato in vetro riciclato nella produzione di bottiglie. Quindi, possiamo dire che il problema non è che il vetro (o un qualunque altro residuo riciclabile) non ha valore: il vero problema è la contaminazione da parte di troppi materiali.