La pulizia a secco è più sporca di quanto pensiamo. Facciamo conoscenza con la neurotossina nascosta nei nostri cappotti.
Gli abiti puliti in lavanderia mascherano un degrado ambientale e sociale. La sostanza colpevole, il tetracloroetilene, apparentemente non è sostituibile.
Grandi o piccole, orgogliosamente indipendenti o mestamente parte di catene organizzatissime (di solito poco attente alla qualità del servizio e alle istanze dei dipendenti) tutte le lavanderie a secco hanno lo stesso scopo: restituire ai propri clienti lenzuola, indumenti e tappeti senza macchie. Il problema è che, nonostante il nome, la pulizia a secco è in realtà un'attività molto sporca, in grado di avvelenare le persone che lavorano con le macchine e di rilasciare sostanze chimiche tossiche che si diffondono nella comunità circostante.
Gli scienziati sanno da decenni che il
percloroetilene, o tetracloroetilene, o C2Cl4, o PERC, o ancora TCE, sostanza chimica chiave del settore, è pericoloso. Negli anni '70, i primi studi suggerivano che il tetracloroetilene è cancerogeno. I topi che assumevano la sostanza e inalavano i suoi vapori avevano maggiori probabilità di sviluppare tumori epatici. Se da un lato è difficile collegare con certezza una sostanza al cancro, l'American Cancer Society descrive studi epidemiologici condotti su esseri umani che mostrano che i lavoratori regolarmente esposti al TCE hanno maggiori tassi di linfomi e tumori dell'esofago, dei reni, della cervice e della vescica.
Nel tempo, la fedina penale della sostanza è solo cresciuta. Oggi è una neurotossina conosciuta. L'agenzia statunitense per la sicurezza sul lavoro e la sicurezza, OSHA, collega l'esposizione acuta al PERC a
vertigini, visione offuscata e perdita di coordinazione. Qualcosa di lieve come l'atto di raccogliere un indumento pulito da tetracloroetilene che non è stato adeguatamente asciugato può causare temporaneamente questi sintomi. L'esposizione a lungo termine può persino innescare una lieve perdita di memoria.
L'uso del PERC può avere anche
profondi effetti ambientali. Una singola goccia versata può penetrare attraverso le fondamenta in calcestruzzo di un impianto di lavaggio a secco, oltre strati di roccia e terra, fino alla falda freatica. Lì si deposita, in attesa di essere riassorbito, o, più probabilmente, spostato da qualche parte in cui può evaporare nell'aria.
Nonostante la capacità distruttiva ben documentata del tetracloroetilene, la sostanza è ancora ampiamente utilizzata. Circa il 70% delle lavanderie a secco ha ancora una macchina a PERC. Ciò è in parte dovuto al fatto che la pulizia a secco è sempre stata un'attività pericolosa, e il tetracloroetilene sembrava, almeno per un periodo, un rischio accettabile. I primi metodi per pulire i vestiti erano
a base di petrolio; cherosene, benzina e benzene erano tutti nel mix.
Incendi frequenti ed esplosioni spingevano le lavanderie a secco fuori città. Al suo debutto negli anni '30, il PERC deve essere sembrato una meraviglia. Gli addetti alle pulizie poterono lasciare la trementina e tornare a lavorare in città vicino ai clienti. Molti poterono aprire un negozio nel piano terra o nel seminterrato di edifici residenziali. Ma, soprattutto, il tetracloroetilene funziona, a differenza della trementina.
Il lavaggio a secco è così chiamato perché non c'è acqua nel processo. Ma ci sono ancora liquidi, soprattutto il PERC. È una sostanza efficace, ma avrebbe dovuto essere stata affrontata dai legislatori già molto tempo fa.
Sfortunatamente, la maggior parte dei consumatori non sa ciò che accade dietro le quinte, e poco gliene importa, purché le macchie di sugo vengano rimosse in modo efficiente. Questo genera l'assenza di
volontà politica: quale rappresentante del popolo prenderà un provvedimento che renda costosa e inefficace la pulizia delle camicie?
Dagli anni '90, il tetracloroetilene è stato soggetto a normative sul suo consumo, ma non è ancora stato vietato. La California, che sta eliminando completamente la sostanza chimica, è un'eccezione.
Nel loro insieme, questi fattori sociali ed economici hanno permesso al PERC di diventare, per prendere in prestito una frase, "
too big to fail" (troppo grande per fallire). Il lavaggio a secco è una rogna. I margini sono bassi e i negozi a conduzione familiare spesso riescono a malapena a far quadrare i conti. Per la maggior parte, sostituire le macchine a tetracloroetilene con quelle più nuove, che costano 80 mila euro, sarebbe difficile se non impossibile.
Per anni, esperti e attivisti hanno cercato un sostituto per il PERC, qualcosa di altrettanto efficace ma molto meno tossico. Ci sono alternative di lavaggio a secco sul mercato, ma ognuna ha problemi distinti. Alcune strategie hanno meno effetti negativi sulla salute umana, ma creano rifiuti tossici. Altre, come il Solvon K4, hanno invece significative lacune nella letteratura sugli effetti sulla salute. L'anidride carbonica liquida, pur essendo efficace nella rimozione delle macchie, è soggetta a perdite.
Una speranza sono le macchine intelligenti per la pulizia ad acqua, un sistema misto acqua-solventi, che possono ottimizzare i tempi di pulizia e asciugatura con precisione, assicurando che lana, seta e altri tessuti sensibili siano privi di macchie e danni. I sistemi a base d'acqua consentono inoltre agli operatori di utilizzare detergenti e solventi più sicuri, derivati da batteri o funghi anziché da PERC.
Il problema è che questi sistemi, a oggi, sono molto costosi. Bilanciare le esigenze degli imprenditori locali con le preoccupazioni relative alla qualità del suolo, dell'acqua e dell'aria non è un compito facile. Ma occorre perseverare, anche perché, quando si parla di esposizioni al tetracloroetilene, il danno ci mette presumibilmente decenni a fare effetto.