Perché a pagare per ripulire i mari e l'ambiente dai rifiuti plastici, sono gli Stati, e quindi i contribuenti, mentre le grandi imprese del petrolchimico, e quindi i grandi inquinatori, ricevono addirittura contributi statali?
La plastica sta distruggendo i nostri oceani, tuttavia alle grandi società vengono ancora dati soldi per produrre plastica economica. È arrivato il momento che gli inquinatori paghino per il danno che causano.
Ogni anno sono milioni le tonnellate di plastica che entrano negli oceani e le Nazioni Unite sostengono che se continueranno gli attuali tassi di inquinamento, entro il 2050 ci sarà più plastica nel mare che pesce.
Il problema è che, anche se la plastica sta distruggendo i nostri oceani, grandi società vengono sovvenzionate per produrre plastica economica. I contribuenti pagano oltre il 90% del costo del riciclaggio, mentre enormi sovvenzioni vengono assegnate per i combustibili fossili, uno dei principali componenti della plastica. Non è logicamente corretto, ed è necessario agire con coraggio fin da ora.
Le corporation dovrebbero pagare per il danno che causano. Solo allora saranno costretti a creare alternative rispettose dell'ambiente. Le aziende produttrici di combustibili fossili di tutto il mondo continuano a ricevere sussidi molto alti: nel 2015, sono stati erogati 4.300 miliardi di euro, la sola Cina ha fornito sussidi per 1.850 miliardi di euro.
Poiché la plastica è fatta di combustibili fossili, queste sono in realtà sovvenzioni colossali all'industria della plastica. Invece che essere pagati per inquinare le nostre acque,
gli inquinatori dovrebbero pagare per riciclare i loro rifiuti di plastica.
Attualmente tale costo è coperto dai contribuenti, ma il costo del riciclaggio dovrebbe essere parte del costo della plastica stessa, con il denaro aggiuntivo trasferito ai governi locali per pagare il riciclaggio.
Il governo dovrebbe premiare i produttori che sviluppano nuove idee sostenibili e addebitare gli imballaggi difficili da riciclare. Ciò ridurrebbe la domanda per la plastica inquinante tra produttori e rivenditori.
Il deludente piano venticinquennale del governo britannico per ridurre i rifiuti di plastica entro il 2042 (vedi
Piano plastica della Gran Bretagna: una delusione) è ben al di sotto della strategia dell'UE per la plastica che mira a fare la stessa cosa entro il 2030 (vedi
Plastica: l'UE risponde alla Gran Bretagna).
Nel complesso, le proposte dei vari governi non riescono a far pagare a produttori e dettaglianti per i costi ambientali e sociali della plastica. Occorrerebbe più coraggio per fermare le grandi corporation che rovinano i nostri oceani. La plastica non riciclabile ha lasciato gli oceani in condizioni critiche.
Abbiamo bisogno di un'azione radicale. Qualche segnale arriva dall'Unione Europea: la Francia punta a utilizzare il 100% di plastica riciclabile entro il 2025. Il divieto di utilizzo della plastica non riciclabile dovrebbe essere una priorità.
La catena di distribuzione Iceland ha promesso di rottamare gli imballaggi in plastica su tutti i prodotti con marchio proprio entro cinque anni; altri supermercati dovrebbero essere obbligati a fare lo stesso.
Non basta. Occorre incentivare le imprese a ridurre l'uso della plastica a favore di alternative sostenibili e vietando la plastica non riciclabile. È giunto il momento per prese di posizione coraggiose e audaci per salvare i nostri oceani.
In Italia, come altrove, sono i cittadini a farsi carico dell'inquinamento, come discusso nella trasmissione
Tasse e inquinamento su radio24. Nessuno parla ancora di responsabilità estesa dei produttori come scritto in
Una tassa sulla plastica.