Un'isola delle Filippine è a rischio a causa di speculazioni poco chiare.
L'isola di Palawan, una delle sette meraviglie del mondo, è rischio distruzione a causa della presenza di alcuni tesori che fanno gola a molti potentati economici.
Palawan, una delle più belle isole delle Filippine, chiamata dagli ambientalisti "
l'ultima frontiera ecologica", e dichiarata una delle sette meraviglie del mondo, è la più occidentale e isolata isola dell'arcipelago, piazzata tra il mare della Cina del Sud e il mare di Sulu. Ospita 87 delle 160 etnie delle Filippine, foreste pluviali vergini e mangrovie, sentinelle contro l'aggressione del mare.
Tra le popolazioni locali non vi è mai stata una rivolta, nonostante gli sfruttamenti delle risorse da parte di speculatori come il boss del legno Jose Alvarez e dittatori come Ferdinando Marcos, fino a quando non sono arrivate grandi compagnie minerarie che vogliono distruggere questo paradiso e non si fermano davanti a niente, come testimoniano i 12 ecologisti morti negli ultimi anni.
Le leggi ambientali imponevano il parere vincolante degli abitanti per ogni concessione mineraria ma, per aggirare gli indigeni, queste compagnie hanno pagato contributi molto alti ai governi locali e a capi tribù influenti e corruttibili. Gli ambientalisti sono terrorizzati dall'impatto delle miniere sull'equilibrio ecologico dell'isola. La storia ha ispirato il film "Avatar", anche se Palawan aveva comunque avuto un momento di gloria nel mondo del cinema quando a Cannes il pubblico si alzò in piedi con ovazione al termine della proiezione di un documentario a lei dedicato e proiettato al Festival del cinema, dal titolo "Busong" realizzato da Auraeus Solito.
Il documentario è molto generoso di immagini simbolo dell'isola, il cui nome significa "Le Belle Baie", raccontando la vendetta della natura contro un uomo che ne aveva abusato. Il messaggio si riferisce appunto a ciò che sta accadendo sull'isola di Palawan, terrà di tribù antiche come i Tagabanua, Palawanon, Tau't Bato, Molbog e Batak, un oasi della biodiversità che ha permesso alle popolazioni indigene a rischio di opporsi con ogni mezzo, legale e non violento, alle pressioni di grandi compagnie come la MacroAsia e Celestial, con interessi locali e globali, pronte a scavare sotto questo terreno.
Palawan nasconde tesori che a queste compagnie fanno gola: preziosi minerali e gas. La più ambita è la montagna Mantalingahan, sacra per gli indigeni e cuore del fertilissimo microclima, che ha giacimenti di nickel sparsi per chilometri quadrati di foresta. La lotta degli abitanti significa sopravvivenza ad una crisi economica e sociale che può arrivare da un momento all'altro in un sito dichiarato Patrimonio dell'Unesco e che viene privato ogni anno di aree boscose grandi quanto una metropoli come Manila.
Grandi compagnie e autorità locali stanno cercando di spingere con ogni mezzo, legale o illegale che sia, tribali e contadini fuori da questo paradiso. A fare eccezione è il sindaco della capitale Puerto Princesa, Edward Hagedorn, che non si è mai arreso dinnanzi alle pressioni da parte di imponenti figure dell'amministrazione regionale e statale, che gli hanno offerto soldi per raggiungere il loro obiettivo. Se con Hagedorn hanno usato la corruzione, con gli attivisti dei diritti umani e dell'ambiente non sono andati tanto per il sottile.
L'ultima vittima di Palawan è stato Gerardo Ortega, veterinario, direttore di un allevamento molto importante di coccodrilli, che alle radio locali raccontava degli scandali e dei pericoli delle miniere sull'isola. E' stato ucciso proprio all'uscita dalla radio, e fa parte di una lunga lista di attivisti che hanno perso la vita per la loro battaglia (142esimo giornalista filippino eliminato in 25 anni).
Se per i turisti Palawan rimane un vero e proprio paradiso, dietro il luccichio si inizia a vedere la perdita della biodiversità, delle erbe medicinali, foreste vecchie, di mangrovie e infine della barriera corallina. La scoperta di giacimenti molto più vasti vicino a quelli già esistenti, nel tratto di mare chiamato Sampaguita, ha messo in allerta i pescatori e le tribù lungo le coste.