Secondo uno studio un alto numero di morti in persone con disturbi mentali, sono collegate all'inquinamento atmosferico.
Un importante studio fatto ad Hong Kong, mostra come il rischio di suicidi aumenti notevolmente nei giorni nebbiosi, in cui l'inquinamento atmosferico è maggiore.
Il rischio di morte per le persone con disturbi mentali e comportamentali aumenta drasticamente nei giorni in cui l'inquinamento atmosferico raggiunge picchi molto elevati. Questo è quanto ha rilevato
uno studio importante effettuato da alcuni ricercatori di Hong Kong. I ricercatori hanno analizzato statistiche relative alla morte stilate nell'arco di dieci anni e hanno rivelato la presenza di un legame molto forte con il rischio di mortalità, che secondo quanto scoperto è in aumento del 16% nel primo giorno di nebbia e del 27% nel secondo giorno rispetto ai giorni normali. Inoltre, se la foschia è accompagnata da un elevato inquinamento da ozono, il rischio di morte aumenta del 79%.
La nuova ricerca concorda con altri lavori più recenti che hanno trovato collegamenti tra aumenti a breve termine dell'inquinamento atmosferico e suicidi. Tuttavia, gli scienziati
non hanno ancora capito come l'inquinamento atmosferico possa causare questi effetti e stanno sollecitando ulteriori ricerche, nonché un aiuto immediato per le persone a rischio. Secondo Lin Yang è necessario maggiore sostegno verso quella parte di popolazione esposta ad un rischio estremo.
Attualmente molti assistenti sociali stanno dando supporto alle persone con disturbi mentali. Ma probabilmente è necessario prestare attenzione al fatto che eventi atmosferici come la foschia potrebbero essere un fattore scatenante per l'insorgenza acuta dei sintomi.
In assoluto, e in via prioritaria, è opportuno che i governi tengano sotto controllo i livelli di inquinamento atmosferico, in modo da poter iniziare a sradicare il problema dalla fonte. Il professor Jonathan Grigg, della Queen Mary University di Londra, sostiene che l'associazione tra scarsa qualità dell'aria e mortalità dovuta a disturbi mentali e comportamentali riportati in questo studio è
molto preoccupante.
La ricerca di Hong Kong è stata la prima ad analizzare il legame tra giorni foschia e rischio di morte. I giorni di foschia sono quelli in cui le sostanze inquinanti si accumulano nell'aria e riducono la visibilità, in giornate secche con vento debole. Nel periodo di studio, durato dal 2007 al 2014, ci sono stati 111 giorni di foschia quando l'inquinamento da particelle era in media il doppio rispetto al normale.
Gli scienziati hanno esaminato oltre 284.000 morti, compresi quelli tra persone con disturbi mentali e comportamentali, tra cui depressione, bipolarità, schizofrenia e demenza. In questi soggetti, si verifica un effetto avverso molto intenso sulla mortalità associata a disturbi mentali e comportamentali, come hanno spiegato i ricercatori.
Un'influenza abbinata ad un giorno di foschia, a condizioni meteorologiche estreme, a qualità dell'aria e ambiente urbano può causare un tasso di mortalità estremamente elevata.
Dal punto di vista del meccanismo, per ora,
non vi sono prove o ipotesi solide, come ha affermato Lin Yang. Ma partendo dalle precedenti ricerche si può arrivare ad avere degli indizi. Lin ha anche affermato che alcuni studi effettuati in laboratorio sui topi, dimostrano che piccole particelle di inquinamento atmosferico possono raggiungere il cervello e influenzare lo sviluppo mentale.
Uno studio pubblicato nel 2016 ha rilevato nanoparticelle tossiche dall'inquinamento atmosferico nei cervelli umani in quantità abbondanti. Questo è un segnale che l'inquinamento atmosferico potrebbe essere ancora più pericoloso per la salute umana di quanto non comprendiamo al momento. Ricordiamo che in molte città italiane, soprattutto nella pianura padana,
le attuali politiche per affrontare l'inquinamento atmosferico sono assolutamente inadeguate.
Lo studio di Hong Kong non ha analizzato in modo specifico i suicidi, ma sebbene non si comprendano ancora come le sostanze inquinanti inalate nei polmoni influenzino la funzione cognitiva, queste nuove scoperte dall'Asia sono
compatibili con un recente studio belga che ha riportato un'associazione tra aumento di durata dell'inquinamento atmosferico e del suicidio.
Il lavoro ha esaminato oltre 20.000 morti suicidi registrate tra il 2002 e il 2011 ed è stato pubblicato nel giugno 2017. Gli scienziati hanno riferito: aumenti di inquinato atmosferico esterno come particelle o ozono possono scatenare il suicidio, in particolare durante i periodi caldi, anche a concentrazioni inferiori alle soglie europee.
Una serie di altri studi pubblicati dal 2015 hanno anche suggerito dei legami tra suicidi e inquinamento atmosferico.: a Salt Lake City, nello Utah, negli Stati Uniti, l'aumento dei suicidi correlati alla maggiore quantità di biossido di azoto (NO2) in alcune stagioni, mentre nella Corea del Sud era implicato anche l'ozono; a Tokio invece, in Giappone, gli scienziati hanno scoperto che il rischio di suicidio tra gli under 30 era legato all'NO2 e a Guangzhou, in Cina, l'anidride solforosa mostrava una correlazione.
Tuttavia, alcuni scienziati hanno sollecitato cautela, affermando che la raccolta di dati completi sui suicidi è difficile e che sia l'inquinamento atmosferico che i suicidi possono variare con altri fattori, come ad esempio l'ora del giorno.