Molluschi contaminati dall'Artico alla Cina.
Uno studio Norvegese ha lanciato l'allarme sulla presenza di microplastiche nei mitili provenienti dai mari compresi tra l'Artico e le coste a Nord della Cina.
Sono tanti gli articoli che parlano del problema della plastica. Questo perché i rifiuti plastici hanno ormai contaminato il nostro pianeta e soprattutto i nostri mari. La novità è che ora arrivano a minacciare la nostra salute, come prevedibile, visto che dal mare dipendiamo.
A lanciare l'allarme è uno
studio del Norwegian Institute for Water Research (NIVA), secondo il quale le cozze che provengono dal mar Artico, apparentemente incontaminate, sarebbero in realtà più inquinate rispetto a qualsiasi altro punto della costa norvegese.
Amy Lusher, del NIVA, ha ipotizzato che le materie plastiche potrebbero arrivare al Polo Nord tramite correnti oceaniche o con i venti che giungono da Europa e America.
L'esperta ha sottolineato che le microplastiche sono state trovate nelle cozze in qualsiasi sito dove è stata effettuata la ricerca.
Numerosi studi effettuati in precedenza hanno evidenziato la presenza di microplastiche in diversi stati, come Cina, Canada, Cile, Belgio e Gran Bretagna. Proprio Cina e Unione Europea sono i principali produttori di cozze da allevamento, un business che vale almeno 3 miliardi di dollari.
Nel 2016 alcuni ricercatori hanno suggerito l'utilizzo delle cozze come bioindicatore globale dell'inquinamento da microplastiche, visto che questo tipo di molluschi, a differenza dei pesci, è stanziale.
L'impatto delle microplastiche sull'ambiente marino o sugli esseri umani, nel momento in cui vengono consumati, non è ancora chiaro. Secondo gli scienziati, per correre qualche rischio bisognerebbe mangiare enormi quantità di molluschi.
L'allarme vero e proprio non è attribuito al consumo umano. Lo scorso mese, almeno 200 nazioni hanno firmato una risoluzione delle Nazioni Unite per eliminare, o quanto meno ridurre, l'inquinamento della plastica dal mare, dalle bottiglie, ai sacchetti del supermercato fino agli imballaggi alimentari, che ha raggiunto le circa 8 milioni di tonnellate l'anno.
In questo contesto, stupisce e indigna che il ministero della salute italiano, per non meglio precisati motivi sanitari, ha
espresso un parere fortemente contrario al riuso di sacchetti per confezionare la verdura non lavata, di fatto vietandolo. Di fronte al dilagare del problema della plastica, un atteggiamento meno limitato e burocratico sarebbe molto opportuno.