Akamai ha lanciato una sfida per cambiare le abitudini igieniche e salvaguardare l'ambiente. Solo tre prodotti nel nostro bagno, per incentivarci a usarne meno.
Lavarsi utilizzando meno prodotti cosmetici aiuta a salvare l'ambiente, ma cambiare le abitudini igieniche sembra complesso.
Immaginate di svuotare il mobile del bagno pieno di bottiglie e tubetti, e sostituirli con solo tre prodotti. L'idea arriva dall'azienda statunitense
Akamai, fornitrice di piattaforme internet, la quale ha ideato questa campagna di comunicazione che ha l'obiettivo di
incentivare i consumatori a comprare meno.
L'azienda, che ha iniziato il suo e-commerce all'inizio di quest'anno, vende tre prodotti che sembrano essere in grado di soddisfare tutte le esigenze per la cura della persona: un dentifricio, un sapone unico per viso, corpo e capelli, e infine un olio in spray per profumarsi e idratare capelli e corpo. Un modo come un altro per incoraggiare i clienti a
lavarsi meno.
Il co-fondatore Vincent Cobb che in precedenza aveva creato un negozio online che vende borse riutilizzabili e articoli per la casa, sostiene che il concetto di base è una provocazione a danno di un settore nato solo per incentivare un consumo eccessivo. Le imprese che vendono prodotti per la cura della persona, sostiene Cobb, naturalmente invogliano a consumare sempre più quantità dei loro cosmetici, consigliando quindi di lavarsi corpo e capelli ogni giorno, facendo credere che solo cosi si possono avere denti, capelli e pelle sani.
Nel Regno Unito, la bellezza e la cura della persona hanno un valore economico pari a 17 miliardi, dati rilevati dalla società di ricerca
Mintel. È un mercato in cui produttori e distributori si basano sulla vendita di elevate quantità di articoli per ogni cliente. Secondo il gruppo di ricerche di mercato di
Euromonitor, l'aumento del commercio elettronico, della cosmetica e della cultura hanno incoraggiato una costante espansione di questi prodotti, permettendo al settore di crescere anche in periodi di forte crisi economica.
Questa crescita ha costi ambientali. Molti prodotti di bellezza significano più prodotti chimici e acqua utilizzati nella produzione e aumento degli imballaggi in plastica. La gran parte di questi finiscono nelle discariche, dal momento che i contenitori utilizzati sono spesso difficili da lavare o riciclare, come sostiene Dustin Benton, direttore delle politiche ambientali presso
Green Alliance.
Secondo quanto sostiene Cobb, lavarsi molto e usare eccessivamente questi prodotti non va bene per il nostro corpo. Egli ritiene necessario sciacquarsi spesso, ma evitando l'uso di sapone e altri correlati, perché l'odore del corpo si auto-regola. Una presa di posizione condivisa dal crescente
movimento anti-doccia. Secondo numerosi dermatologi e allergologi, storicamente è prassi recente quella di preoccuparsi eccessivamente per la pulizia e per l'odore.
Eppure, convincere le persone su questo tema quando si toccano bellezza e cura della persona, non è compito facile. Quel senso di insicurezza, soprattutto tra il mondo femminile, è alimentato ad arte anche dalla pubblicità stessa. Anche aziende focalizzate sul consumo etico immettono sul mercato una vasta gamma di prodotti:
Lush ad esempio, si è costruita una reputazione per l'utilizzo di ingredienti naturali, ma oggi vende più di 100 linee di cosmetici. Un vero e proprio incitamento al consumismo.
Stando anche a quanto hanno affermato gli attivisti contro i cotton fioc, le abitudini dei consumatori sono molto difficili da cambiare, nonostante possano rappresentare una minaccia ambientale, oltre che non avere scopi precisi. Valutare quindi l'impatto di queste abitudini è complicato, come afferma Kate Sandle, community manager di B Lab: il problema non è il consumo stesso, ma come e cosa viene consumato.
Akamai non è la prima azienda ad impegnarsi in problemi legati al consumismo. Un altro esempio è il marchio di abbigliamento Patagonia, che ha pubblicato uno slogan che incita a non comprare una giacca ma a riparare i capi piuttosto che buttarli via. Questo ha permesso alla società, paradossalmente, un incremento delle vendite.
È evidente che
il vero scopo di questa comunicazione è acquisire le quote di mercato dei concorrenti aventi un'immagine sprecona. Ma questa competizione al ribasso sfida, forse per la prima volta, la retorica ideologica del consumismo, della crescita infinita e dell'abbondanza. Le aziende, come sostiene Cobb, devono utilizzare i loro prodotti per cambiare, in meglio, le abitudini legate al consumo e non per incentivare pratiche che inquinano salute, ambiente e portafogli.