L'eccessivo consumo di carne è uno degli aspetti più dannosi per la terra del nostro stile di vita. Ogni piano di economia circolare o rigenerativa deve passare per una sua drastica riduzione.
Se non si riduce la quantità di animali allevati, il suolo continuerà a degradarsi e non saremo più in grado di sfamare le persone. La moderazione nel consumo di carne è una delle chiavi per salvare il pianeta.
Uno studio pubblicato sul
British Medical Journal, mette in relazione consumi elevati di carne con un tasso di mortalità complessivamente più elevato, a causa di tumori, malattie cardiache e respiratorie, ictus, diabete, infezioni, Alzheimer, patologie renali ed epatiche croniche. Niente di nuovo, per carità, ma sarà sicuramente l'occasione per rinfocolare un dibattito annoso.
Sul
consumo di carne si sta svolgendo infatti una delle battaglie ideologiche più importanti del nostro tempo. Gli schieramenti tendono a dividersi in maniera netta e non accomodabile: da un lato chi considera l'ingestione di carne alla stregua di un omicidio, dall'altro chi non accetta nemmeno di prendere in considerazione i diritti degli animali.
Naturalmente non siamo solo noi umani a mangiare gli animali. Vi sono molte specie che hanno una dieta a base di carne (persino alcune piante), seguendo però precise leggi naturali, che nessuno sogna di mettere in discussione. Il problema è che gli esseri umani hanno trasformato la propria naturale inclinazione a cibarsi di altri animali in una
perversa e distruttiva macchina di morte aziendale: gli allevamenti industriali.
Non entriamo in questa sede nelle discussioni sull'equiparazione delle bestie agli umani, o sull'attribuzione agli animali di sentimenti nobili quali l'amore o il coraggio. Tuttavia, sul fatto che i moderni allevamenti abbiano superato tutti i limiti di decenza, equità, salubrità, sostenibilità non ci possono essere dubbi.
Quando si parla di allevamento di animali, le statistiche sono spaventose: esistono 20 miliardi di polli, circa tre polli a persona, e 1,4 miliardi di bovini, pecore e maiali. Si tratta quasi sempre di animali allevati intensivamente, che richiedono una quantità impressionante di mangime e acqua. Ciò significa pesanti ripercussioni sulla produzione agricola.
Le colture chimiche, ad alta resa per ettaro, sono necessarie per soddisfare l'eccessiva domanda dell'umanità. Questa domanda, più che dal numero, pur impressionante, di bocche da sfamare, è data dal consumo smodato di carne. Per esempio, la produzione della soia, quasi totalmente destinata all'alimentazione animale, sta mettendo in ginocchio gli ecosistemi in America Latina. L'allevamento occupa la maggior parte dei terreni agricoli ed è la ragione principale per cui il 50% della fauna selvatica sul nostro pianeta è scomparsa.
Non solo: attività agricola intensiva significa uso massiccio di macchine (e quindi emissioni di CO2) e uso intensivo di sostanze chimiche su suoli, pascoli, foreste (e quindi emissioni di CO2). A ciò si aggiunge la progressiva desertificazione del suolo, salificato e impoverito di sostanza organica dall'eccesso di lavorazione meccanica, dai concimi chimici e dai pesticidi, necessari per mantenere il livello di resa richiesto da questo scellerato sistema.
Tra le conseguenze degli allevamenti industriali c'è anche
l'emergenza sanitaria: le condizioni di vita non umane (anzi, nemmeno animali), sovraffollamento, ipernutrizione, promiscuità, al di là degli aspetti etici ancora in discussione, trasformano questi allevamenti in pericolosi incubatori di virus mutanti in grado di trasmettersi agli esseri umani.
Anche la nostra stessa aria è minacciata dalla cultura dell'hamburger: il bestiame da allevamento è infatti responsabile della distruzione di importanti ecosistemi. L'espansione del bovino in Amazzonia, ad esempio, ha causato la deforestazione a livello globale, necessaria perché la foresta non produce alimenti per le bestie quanto un campo di cereali coltivato intensivamente.
Questo significa che gli allevamenti industriali non sono né accettabili, né sostenibili. Qualsiasi piano o programma che persegua
l'economia circolare nel pianeta deve comportare automaticamente
la drastica riduzione del consumo di carne.