Miliardi di euro stanno affluendo sui sistemi di cattura e stoccaggio di carbonio. Per alcuni ambientalisti questo sistema è IL problema, o almeno una sua parte. Ma la contabilità climatica non può prescindere dal discusso processo: senza di esso tutti gli scenari risulterebbero zoppi e mancanti di numeri.

Il sistema-mondo rantola a causa dell'emergenza climatica, e i grandi capitali, da imprese e governi, stanno iniziando a confluire verso una serie di tecnologie molto controverse, che mirano a intrappolare i gas che riscaldano il pianeta piuttosto che lasciare che saturino l'atmosfera.

La cattura del carbonio è un'idea sotto intensa critica da parte degli ambientalisti, considerata come una costosa distrazione da ciò che dovrebbe essere l'impegno principale da parte del sistema produttivo e di consumo, ovvero l'arresto della produzione di emissioni.

Ma il mese scorso, però, un ente autorevole come l'Agenzia internazionale per l'energia (IEA, International Energy Agency) ha calato la briscola da undici punti sul piatto, affermando che sarebbe "praticamente impossibile" per il mondo raggiungere gli obiettivi climatici senza le varie tecnologie di cattura & stoccaggio di emissioni generate da fabbriche, centrali elettriche, trasporti e altre fonti. Il passaggio alle energie rinnovabili, come il solare e l'eolico, non taglierebbe le emissioni: non abbastanza e non in tempo utile. L'articolo è stato pubblicato dal Guardian.

Questa vasta gamma di tecnologie può essere suddivisa approssimativamente in due tipi: macchine simili a condizionatori d'aria che possono aspirare CO2 direttamente dall'aria; e infrastrutture che catturano le emissioni alla fonte e le iniettano da qualche parte, solitamente sottoterra.

La cattura del carbonio è ancora agli inizi: ci sono circa 20 progetti in uso commerciale in tutto il mondo, secondo la IEA, ma miliardi di euro di investimenti stanno affluendo nel settore. Microsoft ha annunciato un piano climatico "moonshot" che coinvolgerà la cattura diretta dell'aria della CO2 e la cattura e lo stoccaggio del carbonio da biomasse, dove i trucioli di legno vengono bruciati e il carbonio risultante viene iniettato nelle formazioni rocciose.

Un consorzio che include Amazon e Microsoft ha investito fantastiliardi di dollari in CarbonCure Technologies, un'azienda canadese che cerca di incastrare le emissioni di anidride carbonica del calcestruzzo. La produzione di cemento, l'ingrediente chiave del calcestruzzo, è uno dei maggiori responsabili della produzione di CO2 nel mondo. Se l'industria del cemento fosse un paese, solo Cina e Stati Uniti le sarebbero davanti nella produzione di emissioni.

CarbonCure intende iniettare la CO2 catturata nel calcestruzzo. Il gas iniettato si trasforma chimicamente in calcare, rinforzando il calcestruzzo. Attualmente, CarbonCure sta iniettando CO2 acquistata, ma spera di "chiudere il ciclo" catturandola dalla produzione di cemento, al fine di ridurre le emissioni globali di calcestruzzo di 500 milioni di tonnellate entro la fine del decennio.

La Norvegia sta lanciando un progetto di cattura e stoccaggio del carbonio su vasta scala, chiamato Longship, per richiamare le navi vichinghe, mentre un progetto di cattura diretta dell'aria per il bacino del Permiano negli Stati Uniti sudoccidentali sta raddoppiando le sue dimensioni e mira ad aspirare 1 milione di tonnellate di CO2 anno. Il governo degli Stati Uniti si sta impegnando, recentemente assegnando 72 milioni di dollari a diverse iniziative di cattura del carbonio.

Secondo Klaus Lackner, un esperto nel campo dell'Arizona State University, siamo a un punto di svolta e nessuno sa bene come andrà a finire. Lackner sostiene che è probabile che il mondo salga oltre il limite di riscaldamento globale di 1,5°C, sopra i valori preindustriali, che sarebbe l'obiettivo ottimale stabilito nell'accordo sul clima di Parigi.

Ma gli ambientalisti non sono entusiasti di un'idea usata storicamente lavare l'immagine delle aziende di combustibili fossili installando la tecnologia di cattura del carbonio sulle centrali elettriche. Secondo Karen Orenstein, della Onlus Friends of the Earth, "la cattura e lo stoccaggio del carbonio non sono una soluzione alla crisi climatica, ma una parte del problema." Un sogno irrealizzabile, straordinariamente costoso.

I critici sottolineano l'esempio di Petra Nova, il progetto di punta per la cattura del carbonio da 1 miliardo di dollari in Texas, che è stato messo fuori servizio quest'anno dopo che il crollo del prezzo del petrolio lo ha reso economicamente non redditizio. In realtà Petra Nova ha avuto risultati tecnici notevoli: ha catturato il 92% della CO2 che ha attraversato l'impianto, superando le aspettative. Ma gli USA sono la terra del profitto, e tutto ciò che non gli soggiace viene espulso dal sistema.

In realtà questo gruppo di tecnologie deve scontare questa fama di greenwashing che ha acquisito agli inizi, quando è servita per spacciare per 'verdi' le centrali più climalteranti. Vecchie centrali elettriche "zombie", spesso a carbone, sono state retrofittate con unità di cattura del carbonio, anche inutilmente. E questo ha impedito, almeno inizialmente, l'installazione di centrali elettriche a energie rinnovabili.

La tecnologia potrebbe invece essere utilizzata per l'inquinamento ostinatamente persistente proveniente dai trasporti, come le navi, l'aviazione e i camion, che ancor oggi non possono prescindere dai combustibili fossili.

Il mondo ha creato un buco, portando la quantità di CO2 a livelli storicamente inauditi. Occorre certo smettere di scavare, ma non abbiamo tempo di attendere che il buco si riempia naturalmente. Dobbiamo anche riempire il buco. Questo è, in sintesi, il senso del richiamo della IEA. La domanda è quanti danni collaterali faremo lungo la strada. Il recente studio pubblicato su Nature Climate Change il 24 agosto, di cui parliamo in Geo palliativi: la bioenergia non salverà il mondo, ci dice per esempio che otterremo risultati apprezzabili solo dopo un trentennio, ma con un uso intensissimo di suolo. Urge un piano B.