Teoricamente, ci resterebbe solo un decennio per prevenire un riscaldamento catastrofico, quindi ciò che accadrà alla COP26 di Glasgow sarebbe piuttosto importante per noi umani e per ogni creatura sulla Terra. Ma il condizionale è d'obbligo.

Mentre i cambiamenti climatici appaiono sempre più come la principale causa di disastri meteorologici, che ora sono cinque volte più comuni rispetto agli anni '70, i leader mondiali e, soprattutto, i loro team di negoziatori si preparano per il vertice delle Nazioni Unite, COP26, che si terrà a Glasgow dall'1 al 12 novembre: se non si intraprende un'azione clamorosa, possiamo dire addio alle promesse dell'accordo sul clima di Parigi. Delle risoluzioni successive, che hanno poi stabilito che Parigi non bastava, ovviamente, non parliamo nemmeno.

Il 2021 è stato un anno di disastri meteorologici quasi biblici. Una cupola di calore senza precedenti ha portato temperature fino a 48 gradi e ucciso centinaia di persone nel nord-ovest del Pacifico. In Italia e in Europa, le inondazioni a seguito di bombe d'acqua, come quella di questi giorni in Sicilia, non fanno più notizia. Negli USA, enormi incendi hanno distrutto migliaia di edifici in California. La tempesta tropicale Henri ha causato danni fino a 12 miliardi di dollari. Ad agosto, in Tennessee, le piogge massicce hanno ucciso 20 persone. L'uragano Ida ha causato inondazioni storiche a New York, Filadelfia e oltre.

La COP26 è l'incontro annuale delle Nazioni Unite dei 197 paesi che hanno aderito alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, originariamente adottata nel 1992. L'incontro è l'organo decisionale dei paesi che hanno firmato il quadro delle Nazioni Unite. Si tiene per valutare quanto bene le nazioni stanno affrontando il cambiamento climatico. L'organismo stabilisce inoltre obblighi giuridicamente vincolanti per i paesi membri per ridurre le emissioni di gas serra. COP è l'abbreviazione di "Conference of the Parties" (Conferenza delle parti) perché è una conferenza dei paesi che hanno firmato l'accordo. Questo è il 26° incontro di tutti i firmatari. Il primo è stato nel 1995 a Berlino. Doveva svolgersi l'anno scorso, ma la COP26 è stata rinviata a causa del COVID-19.

Prima della rivoluzione industriale, l'anidride carbonica nell'atmosfera era di 280 parti per milione. La misura attuale è di 419 parti per milione. Gli scienziati affermano che l'umanità ha circa un decennio per ridurre drasticamente le emissioni di gas che intrappolano il calore prima che vengano superate le soglie che potrebbero rendere impossibile la ripresa dal collasso climatico.

L'obiettivo generale è ridurre le emissioni di gas serra per evitare che la temperatura globale aumenti di oltre 1,5 gradi centigradi a causa dei cambiamenti climatici. Attraverso la combustione di combustibili fossili che aggiungono anidride carbonica e altri gas all'atmosfera, la temperatura della Terra è già salita di circa 1,1 °C.

Ma cosa impedisce, oggettivamente, ai politici di fare ancora, come sempre, i pesci in barile, tergiversando, e rimandando la patata bollente ai loro successori? Potrebbe essere la paura di affrontare lo sguardo imbronciato di Greta Thunberg, che chiede onestà e chiara leadership? Potrebbe essere la paura di perdere la faccia? Oppure, un impeto di responsabilità verso le future generazioni? No. Essere leader politico non contempla il provare emozioni.

Piuttosto, potrebbero temere per la perdita della poltrona, o di dover governare l'instabilità politica ed economica che il riscaldamento globale porterà con sé. Ma buona parte del mondo è retta da governi, per così dire, democratici. Il che non è una cattiva notizia in sé, intendiamoci, ma ha il problema di abbreviare un po' troppo l'orizzonte temporale dei governanti (vedi La trappola della democrazia).

 Assumere impegni ora per salvaguardare le future generazioni (non parliamo della Terra e dei suoi abitanti non-umani, di cui non frega niente a nessuno), significa affrontare costi che gli attuali cittadini non vogliono sobbarcarsi. Chi si avventura in questi contesti, rende i propri elettori insoddisfatti, e perde la poltrona.  Per cui, è ben difficile che l'attuale classe politica possa risolvere il problema climatico, che andrebbe invece affrontato, inderogabilmente, qui e ora.