Big Oil cerca di riparare a uno dei suoi maggiori peccati: la liberazione di metano al momento dell'estrazione. Chiaramente si tratta di un'operazione di facciata, come testimoniano le perplessità di alcune ONG.
Un gruppo di compagnie petrolifere si impegna a ridurre le emissioni di metano dovute all'estrazione. Atto dovuto, ma ci sono perplessità sulla trasparenza del progetto.
Lunedì scorso, un gruppo di compagnie petrolifere e del gas ha rilasciato un comunicato in cui si impegnano a
ridurre le emissioni di metano dell'80% entro il 2025 per combattere il cambiamento climatico.
L'
Oil and Gas Climate Initiative (OGCI) è un'associazione di petrolieri nata per sostenere iniziative sul clima da parte di un settore che si sente per qualche motivo responsabile del riscaldamento globale.
Recentemente Exxon Mobil e Chevron USA hanno aderito all'iniziativa. Le linee di azione per combattere il riscaldamento del pianeta sono quattro (vedi
Greenwashing: l'iniziativa dei petrolieri sul clima): la prima di esse è rappresentata dalle cosiddette emissioni diffuse (fugitive emissions) di metano nella produzione del gas, causate da perdite e fughe accidentali nei processi di lavorazione (vedi
Emissioni di metano da gas e petrolio). Il metano è circa 30 volte più potente dell'anidride carbonica come gas che intrappola il calore.
La seconda linea di azione riguarda i sistemi CCS, carbon capture and storage, ovvero lo stoccaggio nel sottosuolo della CO2 emessa dagli impianti industriali (vedi
CO2 sotto terra).
Gli altri due ambiti sfiorano l'ovvietà, riguardando l'efficienza energetica, da un lato dei processi produttivi dei combustibili fossili (e qui torniamo al gas flaring, vedi
Stop al flaring), dall'altro dell'utilizzo di gas e petrolio nei trasporti, auspicando motori meno inquinanti e combustibili più puliti.
Con il comunicato di questi giorni, OGCI si è impegnata a ridurre le emissioni di metano allo 0,25% della produzione totale di combustibili fossili del gruppo. Questa riduzione equivale a 350.000 tonnellate di metano all'anno. L'impegno, potrebbe essere abbassato ulteriormente a 0,20%, che è l'obiettivo fissato individualmente dai membri BP, Royal Dutch Shell ed Exxon per ridurre le emissioni di metano.
L'OGCI rappresenta attualmente un terzo della produzione mondiale di petrolio e gas. Comprende anche le compagnie petrolifere Total e le compagnie petrolifere nazionali di Cina, Messico, Brasile e Arabia Saudita.
L'OGCI ha anche annunciato la creazione di un fondo di investimento sul clima focalizzato sulla Cina da 100 milioni di dollari con China National Petroleum Corporation. Il gruppo sta investendo in nuove tecnologie, comprese le immagini satellitari, per aiutare a misurare e rilevare le perdite di metano da condotte, pozzi e altre infrastrutture. Si prevede che questa tecnologia misurerà le emissioni globali, il che può aiutare le aziende a sistemarsi e ad operare come dovrebbero in conformità con l'Accordo sul clima di Parigi.
L'obiettivo di coloro che operano nell'OGCI è di lavorare verso emissioni di metano prossime allo zero dalla catena del valore del gas totale a sostegno del raggiungimento degli obiettivi dell'Accordo sul clima di Parigi. Tuttavia, il
Fondo per la difesa dell'ambiente (Environment Defense Fund, un'organizzazione non governativa) è scettico sui progressi a causa della mancanza di trasparenza nella misurazione delle emissioni di metano per raggiungere l'obiettivo.
Inoltre, il Fondo per la difesa ambientale ha affermato che è possibile che i ritardatari del settore si nascondano dietro gli sforzi dell'OGCI, affermando falsamente che le azioni di pochi importanti rappresentano ciò che tutti nel settore stanno facendo.