Si tratta di reale ricerca di sostenibilità ambientale oppure di comunicazione ingannevole?
Sempre più diffuso anche in Italia il fenomeno utilizzato dalle imprese che puntano sulla sensibilizzazione verso l'ambiente da parte dei consumatori per fare marketing: il greenwashing.
Il
greenwashing è un termine di origine inglese, relativamente nuovo, che unisce due significati, green, che significa verde in senso ecologico, e whitewashing, che significa invece nascondere, riabilitare e dissimulare.
Questo nuovo termine viene usato per indicare la tendenza di aziende, società e organizzazioni di dare visibilità alle loro campagne pubblicitarie a sfondo eco-sostenibile, cercando in tutti i modi di risultare davanti agli occhi dei consumatori aziende attente all'ambiente.
Lo scopo delle imprese che utilizzano il greenwashing, è proprio quello di nascondere, appunto, scelte che esulano completamente dalla sostenibilità ambientale o addirittura comportamenti che in realtà, più che salvare, mettono a rischio la salute del nostro Pianeta.
Ecco, che allora, questa nuova tendenza, diventa di fatto una pubblicità che inganna i consumatori. Ma anche un problema di comunicazione, che crea di conseguenza sfiducia verso ogni tipo di azione in ambito ambientale.
Il fenomeno statunitense del greenwashing, il furbissimo sistema aziendale che si basa, quindi, sull'investire più sull'immagine che sui processi e sui prodotti, si sta diffondendo a macchia d'olio in tutto il mondo e coinvolge anche le imprese italiane.
Questo perché, da quanto è emerso da un'indagine svolta dalla Commissione UE nel 2011 all'interno del nostro Paese, sembra che al 95% degli italiani interessi rispettare l'ambiente e sono sempre più propensi ad acquistare prodotti ecologici, anche se il costo (per motivi non sempre validi) è più elevato.
A studiare l'effetto
Green, è stata la prima agenzia italiana di brand comunication,
Greenbean, la quale ha studiato 83 aziende impegnate in campagne pubblicitarie tra il 2008 e il 2010, infatti circa 53 imprese sono risultate responsabili di “greenwashing”.
Gli errori che incorrono comunemente i grandi marchi italiani per catturare l'attenzione del consumatore, solitamente sono sei:
-Soffermarsi su una caratteristica del prodotto rendendola sufficiente a classificarlo come “green”, tralasciando ciò che potrebbe sicuramente renderlo più interessante.
-negare alcune informazioni importanti sul prodotto, rendendole anche difficilmente recuperabili
-comunicazione di caratteristiche “green” che in realtà sono irrilevanti.
-Fornire informazioni come “certificati”, che non necessitano cioè di interventi che ne garantiscano la veridicità.
-Comunicare che il messaggio lanciato ha scopi socio-ambientali, auto-celebrandosi
usare parole o immagini che esprimono sensibilità ambientale rivelandosi poi il contrario.
Questi sono gli inconvenienti più comuni di chi incorre nel “greenwashing” per lanciare un nuovo prodotto.
Dal punto di vista legale, per non far ricadere su di sé le responsabilità, le aziende greenwasher utilizzano tre grandi classi di azione: delegare al consumatore la responsabilità di salvaguardare l'ambiente usando quel prodotto, auto-glorificazione e rendere passivo il consumatore limitandone la capacità di informazione.
Un esempio è il marchio
Cuki.L' azienda leader per la produzione di articoli per la preparazione e conservazione degli alimenti, che da sempre utilizzava gli spot pubblicitari e la tv per sponsorizzare i nuovi prodotti, ha deciso, come molte altre imprese, di usufruire dei social network per fare marketing.
Oggi giorno, le strategie di vendita vanno assolutamente fatte in ambito social e green, puntando quindi su tematiche ambientali, pur trattandosi di un'azienda, come Cuki, che produce articoli usa-e-getta.
Anche non arrivando ai livelli del
greenwashing in questo caso, ci domandiamo comunque se questa società abbia davvero la necessità di incentrare le loro ''vendite'' sulla sostenibilità e sul lancio di prodotti che rispettano l'ambiente.
Proporre però, un concorso che punta alla partecipazione alle attività online di Cuki, ovviamente evidenziato le pagine social, potrebbe dargli una nuova immagine, sensibilizzando e catturando l'attenzione di chi acquista ponendo molta attenzione all'impatto ambientale.
Può essere quindi, che un'iniziativa come ''L'orto a cm zero'', la quale chiede ai consumatori dei prodotti Cuki, di condividere sulla pagina Facebook ufficiale, quelli che sono i loro pensieri riguardanti temi che toccano l'ambiente e il dedicato impegno quotidiano.
E si sa, green e facebook sono oggi molto contagiosi no?Ma c'è di più. Per tutti coloro che compreranno i famosi sacchetti per il congelatore Cuki Gelo, riceveranno in omaggio una bustina di semi per coltivare un piccolo orto. Se non è green questo, visto l'arrivo della bella stagione.
Inoltre, condividendo la passione per il verde, i consumatori potranno aggiudicarsi il mitico premio finale: un viaggio in Sicilia alla scoperta delle erbe aromatiche tipiche del Mediterraneo.
Sostenibilità ambientale o semplicemente marketing ?