La pandemia di coronavirus ha causato la contrazione dell'Impronta ecologica dell'umanità. Una buona notizia, ma non ottima: la sopravvivenza della Terra può essere ottenuta solo con la progettazione, non con il disastro.

L'Earth Overshoot Day è una data calcolata dall'organizzazione Global Footprint Network, il giorno in cui la domanda dell'umanità di risorse e servizi ecologici in un certo anno supera ciò che la Terra può rigenerare nell'anno stesso.

Global Footprint Network, nel 2020, ha tenuto conto degli impatti della pandemia di coronavirus, e dunque dei lockdown attuati in tutto il mondo. Combinando i dati più affidabili, e formulando le ipotesi più ragionevoli, ha stabilito che Overshoot Day del 2020 è il 22 agosto.

Detto in soldoni, domani è il giorno in cui le risorse terrestri, generate nel presente anno, saranno terminate. Perché dovremmo essere contenti? Perché l'anno scorso è stato il 29 luglio, quindi abbiamo guadagnato 3 settimane.

Perché non dobbiamo essere contenti? Perché l'arretramento è la conseguenza del COVID-19 e dei conseguenti lockdown, non di un comportamento virtuoso da parte dell'umanità. Anzi, sembrerebbe invece che tutto stia tornando come e più di prima (vedi Con la fine del lockdown, le emissioni ripartono).

Il concetto dell'Earth Overshoot Day è stato concepito per la prima volta da Andrew Simms, di New Economics Foundation, che ha collaborato con Global Footprint Network nel 2006 per lanciare la prima campagna. A quel tempo, l'Earth Overshoot Day cadeva in ottobre. Il WWF partecipa dal 2007.

Il giochino funziona così: si considerano le risorse mondiali (aria, acqua, energia, capacità di ripristino degli ecosistemi) come un estratto conto bancario. In questo modo si tiene traccia delle entrate rispetto alle spese, ovvero si misura la domanda di una popolazione e l'offerta di risorse e servizi degli ecosistemi. Da qui si procede per calcolare l'Earth Overshoot Day.

Dal punto di vista dell'offerta, la biocapacità di una città, uno stato o una nazione rappresenta la sua terra e area marina biologicamente produttive, comprese le terre forestali, i pascoli, i terreni coltivati, le zone di pesca e i terreni edificati.

Dal lato della domanda, l'Impronta ecologica misura la domanda di una popolazione di prodotti alimentari e fibre vegetali, bestiame e prodotti ittici, legname e altri prodotti forestali, spazio per infrastrutture urbane e foreste per assorbire le proprie emissioni di anidride carbonica dai combustibili fossili.

Entrambe le misure sono espresse in ettari. L'impronta ecologica di ogni città, stato o nazione può essere paragonata alla sua biocapacità.

Se la domanda di risorse ecologiche di una popolazione supera l'offerta, quella regione ha un deficit ecologico. Una regione in deficit ecologico soddisfa la domanda importando, liquidando le proprie risorse ecologiche (come la pesca eccessiva) e/o emettendo anidride carbonica nell'atmosfera.

A livello mondo, non è possibile importare risorse, e quindi l'eccesso di domanda si traduce in giorni di overshoot, ovvero i giorni dell'anno in cui preleviamo dal pianeta più di quanto esso non riesca a produrre, impoverendolo. E contraendo con esso un debito. Una sorta di operazione contabile, che ha il pregio di farci capire il nostro impatto sulla Terra.