Non è giusto scaricare sugli utenti o sulla pubblica amministrazione i costi dello smaltimento dell'hardware obsoleto. Le aziende tecnologiche non stanno facendo la loro parte per rendere circolare il settore dell'elettronica.

A parole difendono l'ambiente più di Greta Thunberg. Se le stiamo ad ascoltare, sembra che le aziende tecnologiche abbiano in testa il riciclo come modello di produzione imprescindibile. Apple, per esempio, la nostra preferita, da anni si vanta di aver costruito delle linee di smontaggio di dispositivi elettronici per il riciclo dei componenti (vedi Il robot per il riciclo Liam). Peccato che la capacità di smontaggio di queste linee sia 100 volte inferiore a quanto Apple stessa vende ogni anno. Operazione di greenwashing in piena regola.

Sempre la casa di Cupertino è stata accusata da Vice di aver dato istruzioni specifiche di distruggere tutti i componenti dei prodotti ritirati, per non metterli in concorrenza con il nuovo (vedi Il greenwashing di Apple). Alla faccia del riutilizzo!

Comunque alla mela morsicata non manca certo l'ironia: all'interno della scatola dell'iPhone 12, un telefono da 900 euro, manca il caricabatterie. Ma questa è spacciata per "azione verde," non per braccino corto del produttore.

Le azioni verdi, vere o presunte, non hanno impedito alle aziende tecnologiche di presentare una serie di nuovi telefoni ogni anno, rendendo obsoleti dispositivi appena acquistati, e quindi rendendosi moralmente responsabili dell'alto tasso di sostituzione dei dispositivi. E qui Apple c'entra solo per la sua parte, insieme a Samsung, Huawei, Xiaomi, OPPO, Google e altri.

Secondo Gartner, le vendite degli smartphone, crollate del 20% nella prima metà del 2020 causa COVID-19, sono di nuovo in ripresa nel terzo trimestre 2020 (solo meno 5,7%). Ma la società di consulenza prevede che il settore si riprenderà alla grande a causa dei nuovi telefoni 5G. La media di sopravvivenza di uno smartphone in mano a un utente è oggi di circa 2 anni, ma è probabile che questo tempo diminuirà man mano che le persone passeranno a telefoni compatibili con il 5G.

Kyle Wiens, di iFixit, sostiene che il nuovo afflusso di telefoni scartati non è facile da gestire. "Non c'è la tecnologia per prendere un camion pieno di vecchi iPhone, sminuzzarli, macinarli e ricavarne nuovi iPhone. È fisicamente impossibile".

I nuovi smartphone e tablet sono una bruttissima gatta da pelare. Molti di loro non sono più assemblati con viti, ma con la colla. La colla rende impossibile anche solo sostituire la batteria. In generale si tratta di oggetti molto difficili da smontare e recuperare i materiali è complicato perché il dispositivo si rompe, e si degrada il valore del prodotto stesso.

Solo negli Stati Uniti nel 2019 sono stati prodotti circa 6,9 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, secondo Global E-Waste Monitor, un gruppo di ricerca che tiene traccia dei rifiuti elettronici. Si tratta dello stesso peso di 19 Empire State Building. Di questa marea, solo il 15% circa è stato raccolto per il riciclaggio. E alcuni dei minerali e dei metalli gettati via con i nostri rifiuti elettronici non sono solo preziosi, sono anche tossici.

Costruire un telefono che duri quattro o cinque anni invece di uno o due potrebbe fare un'enorme differenza. Apple, Google, Samsung e tutti gli altri devono fare di più per risolvere il problema dei rifiuti elettronici, e i consumatori devono essere più responsabili quando acquistano e scartano i loro dispositivi.

Va detto che queste sono considerazioni parziali, basate solo sull'inquinamento secondario dei telefonini, ovvero quello post-uso. I problemi sono anche maggiori se li valutiamo dal lato dello sfruttamento delle risorse che ogni dispositivo richiede per essere prodotto (vedi L'iPhone e i suoi 34 chili di roccia).