Il mondo deve affrontare la crescente marea di rifiuti di plastica causati dalla pandemia. La paura, l'attitudine allo spreco, e il surplus di petrolio provocano un'ondata di plastica a basso costo, che sta invadendo il pianeta.

Un aumento di rifiuti plastici, in realtà, era prevedibile: i dispositivi di protezione individuale (DPI) come maschere, guanti, abiti e visiere sono stati fondamentali per proteggere il personale medico e gli altri operatori in prima linea dalla trasmissione Covid-19.

Si è fatto un gran parlare di usare maschere in tessuto (raccomandate anche dall'Organizzazione mondiale della sanità), ma in realtà guanti in lattice e maschere chirurgiche, realizzate con tessuto non tessuto che non può essere riciclato, l'hanno fatta da padrone.

Questa nuova ondata di rifiuti crea inquinamento non tanto per l'impreparazione degli impianti di raccolta e riciclo, che in realtà potrebbero essere abbastanza attrezzati, quanto per l'eccessiva cautela dal punto di vista sanitario. Questa cautela spinge a rendere tutti i rifiuti "a gettare", per paura della trasmissione dell'infezione. La colpa non è solo degli operatori eccessivamente prudenti, ma anche delle leggi.

Le mascherine sono solo l'ennesima aggiunta alla crescente crisi dei detriti marini che i nostri oceani stanno affrontando. A momenti arriverà la prima necroscopia che trova maschere all'interno di un animale marino morto. Non si tratta di 'se' ma di 'quando'.

Ciò che era poco prevedibile è stato il picco di altri oggetti di plastica monouso, dovuti a cambiamenti dell'economia che si spera di breve durata, ma che probabilmente potrebbero protrarsi molto a lungo: per esempio i divieti sui sacchetti di plastica sono stati aboliti, sospesi o ritardati a causa dei timori di igiene rispetto alle alternative riutilizzabili.

Ci sono segnali allarmanti di un passaggio alla plastica monouso, aggravato da lacune nella politica. L'umanità sta pensando a breve termine, al bisogno immediato, il che sarebbe anche comprensibile, ma non stiamo pensando alle conseguenze a lungo termine.

Mesi di blocchi, attività commerciali chiuse e distanziamento sociale, grandi gruppi di popolazione che trascorrono più tempo a casa, hanno causato un boom dello shopping online. Amazon sta assumendo decine di migliaia di nuovi lavoratori per far fronte alla domanda.

Con più vendita al dettaglio online arrivano più imballaggi, sia in plastica che in carta. In alcune aree, le operazioni di riciclaggio hanno faticato a tenere il passo con l'aumento dei volumi, mentre altre sono state costrette a licenziare il personale o a sospendere la raccolta porta-a-porta a causa del lockdown.

Ancora: molti ristoranti e catene di fast food hanno effettuato solo operazioni da asporto, e questo porta con sé una montagna di utensili e contenitori usa e getta. Le aziende più importanti, come Starbucks, Dunkin e McDonald, hanno messo in pausa i loro progetti di contenitori riutilizzabili.

Il prezzo della plastica vergine, o non riciclata, è ora ai minimi storici e la domanda di petrolio estremamente debole. È logico quindi che i produttori di plastica riversino sul mercato plastica a basso costo per alimentare la domanda e assorbire parte del surplus di petrolio e gas a basso costo. I mucchi di rifiuti di plastica crescono, le aziende di riciclo stentano a trovare sbocchi per il loro prodotto: siamo in un mare di guai. E di plastica.

La plastica provoca il caos sugli ecosistemi marini, dividendosi in piccoli pezzi. Le microplastiche hanno invaso tutte le profondità degli oceani del mondo e uno studio recente ha scoperto che la quantità potrebbe essere doppia rispetto alle stime precedenti (vedi Oceani: microplastiche drasticamente sottovalutate).

13 milioni di tonnellate di plastica finiscono nell'oceano ogni anno (l'equivalente di un camion ogni minuto), e se le tendenze attuali continuano, la produzione di plastica produrrà il 15% delle emissioni di gas serra entro il 2050, secondo uno studio del 2019.

Almeno 600 specie di animali selvatici sono colpite dai rifiuti oceanici, secondo un rapporto di Ocean Conservancy. Molte specie di pesci consumano detriti di plastica confondendoli per cibo reale, che entrano poi nella nostra catena alimentare.

Greenpeace ha avvertito di un "disastro ecologico" se i governi impongono prodotti usa e getta diffusi nei ristoranti insieme ai potenziali impatti sulle comunità a basso reddito e delle minoranze.

Big Oil, che ha difficoltà a piazzare il suo petrolio, spera di salvaguardare i profitti producendo più plastica. Secondo Greenpeace. la produzione di plastica fa più male alle comunità a basso reddito, in particolare quelle di colore che muoiono già a tassi più alti per la pandemia.

Alcuni governi locali e nazionali prevedono di affrontare i rifiuti di plastica che colpiscono le strade. La Francia sta cercando di aumentare le multe per i rifiuti a € 135 per combattere l'inquinamento da mascherine e guanti. Altre autorità, come nel Massachusetts, stanno minacciando di far rispettare i regolamenti locali sui rifiuti.

L'associazione Health Care Without Harm ha creato un kit di strumenti per combattere i rifiuti negli ospedali, inclusa una guida per un audit sulla plastica. Alcuni suggerimenti, come fontanelle d'acqua e tazze di bevande riutilizzabili nelle mense, sembrano addirittura obsoleti in un mondo post-pandemico. Ma questa è l'unica strada percorribile.

Dall'altro lato, il riciclaggio non è all'altezza dei suoi obiettivi. È chiaro in tutto il mondo che le aspettative su ciò che potrebbe essere riciclato e ciò che viene effettivamente riciclato non vengono soddisfatte. Allo stato attuale, solo il 9% di tutta la plastica mai prodotta è stato riciclato e la maggior parte viene incorporata in prodotti di bassa qualità, destinati in discarica a loro volta.

Ci sono segni di ottimismo: la Commissione UE sta insistendo con il suo divieto delle materie plastiche monouso nonostante le pressioni dei lobbisti, di cui abbiamo parlato qui in Il COVID ostacola il riciclo della plastica.