Un'industria da 38 miliardi di euro, come quella dei distributori automatici giapponesi, che sembrava fatta su misura per sopravvivere alla pandemia, sta segnando il passo. Ma l'internet delle cose potrebbe renderla di nuovo estremamente profittevole.

I distributori automatici sono il trionfo del preconfezionato, del precotto e dell'alimentazione standard. Con l'ovvio corollario del danno ambientale: packaging esasperato (monoporzioni) e alto dispendio di energia, visto che sono refrigerati anche prodotti che non ne hanno bisogno, e l'illuminazione è ridondante e attiva 24 ore su 24.

A prima vista, sembravano però perfettamente adatti a sopravvivere a una pandemia. Non c'è interazione umana, sono comodi, pronti a dispensare bevande e altri prodotti sempre e ovunque. Eppure la crisi del Covid-19 sembra accelerare la loro fine, la conferma viene dal Giappone, dove queste macchinette erano arrivate a livelli impensabili di ubiquità e creatività.

Le vendite di distributori automatici erano già in calo prima della pandemia, superate dai minimarket più forniti 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Il numero di macchine nel paese si è quasi dimezzato negli ultimi dieci anni, secondo la Japan Vending System Manufacturers Association. Ma la pandemia ha peggiorato le cose.

Qual è la ragione di questa debacle? Il ridotto traffico pedonale. Il volume delle vendite mensili di bevande nei quasi 3 milioni di distributori automatici in Giappone è diminuito di oltre il 35% all'inizio di quest'anno, poiché le persone lavoravano da casa e rimanevano lontane dagli uffici e dai centri densamente frequentati.

La discussione sul futuro dei distributori automatici è un altro esempio di come la pandemia stia rimodellando i paesaggi e gli stili di vita delle città in tutto il mondo, poiché il passaggio al lavoro da casa mette in discussione tutto, dalla necessità di spazi per uffici al modo in cui è progettato il trasporto pubblico.

Nell'era della pandemia, lo shopping è diventato più pianificato e deliberato, a scapito degli acquisti a impulso. E questo ha danneggiato i venditori che fanno appello all'emozione e alla praticità di acquisto. La prova è che anche i minimarket, che fanno una proposta di acquisti di base a tutte le ore, simile a quella delle macchinette, hanno registrato un calo delle vendite tutti i mesi, a partire da marzo.

Ciò ha costretto l'industria giapponese dei distributori automatici, un colosso da 4,6 mila miliardi di yen (38 miliardi di euro) a operare un totale ripensamento per assicurarsi un futuro in un mondo post-pandemico, o rischiare di diventare un'attività vintage. La risposta, come sempre, si basa su tecnologia e tracciatura.

La maggior parte dei distributori automatici del paese sono di proprietà di produttori di bevande quotati in borsa come Coca-Cola Bottlers Japan Holdings Inc. e Suntory Beverage & Food Ltd. Il funzionamento delle macchine offre loro un canale di vendita diretto e una ricca fonte di dati sui consumatori che aggira i supermercati e minimarket. In altre parti del mondo, i distributori automatici tendono ad essere di proprietà di piccoli operatori indipendenti.

DyDo Group Holdings Inc., che ottiene oltre l'80% dei ricavi annuali nel suo principale segmento delle bevande dai distributori automatici, sta investendo 6 miliardi di yen nel prossimo anno in miglioramenti. Gran parte di ciò sarà per aggiornare le loro 280.000 macchine, di cui meno del 2% può transitare dati di inventario in tempo reale.

Aumenta la varietà della merce, e aumentano pure gli investimenti per aggiornare quelle scatole di latta e vetro per carpire dati sui consumatori in tempo reale, e programmare così l'offerta. Saranno cioè trasformate in data center.

Questo cambia completamente i connotati di questo settore, e c'è da scommettere che le innovazioni, se saranno un successo, arriveranno anche in Europa. Gli operatori considereranno i distributori automatici come una sorta di proprietà immobiliare: un metro quadrato di terreno, con elettricità, un frigorifero e l'internet-of-things.

Attualmente, le macchine in circolazione rimangono a bassa tecnologia: solo un quinto di esse in Giappone è in grado di fornire dati di inventario in tempo reale. Le aziende di solito non hanno idea di cosa sia disponibile o esaurito finché qualcuno non apre la macchina, aumentando i costi logistici.

Ma l'invio dei dati di inventario è solo la minore delle innovazioni possibili: con il pagamento via cellulare, sarà possibile schedare i pagamenti e le abitudini alimentari di tutti i consumatori, anche quelli occasionali, offrendo loro informazione mirata, facendo loro conoscere l'ubicazione e l'assortimento delle macchine più vicine, in ogni momento.