Greenwashing. Secondo un rapporto, la maggior parte delle strategie a zero-emissioni nette sono delle fole. Sotto accusa soprattutto le major petrolifere USA.

Negli ultimi mesi, sembra esserci un'importante tendenza verso gli impegni climatici, soprattutto da parte di aziende che per loro natura favoriscono il riscaldamento globale. Le major del petrolio e del gas sono quelle più in difficoltà a misurarsi con gli standard di misurazione di emissioni di CO2. Alcuni arriveranno a un taglio del 3% delle emissioni assolute entro il 2050. Vale a dire, niente.

Questa è la conclusione di un lavoro di Carbon Tracker, che ha analizzato gli obiettivi climatici di nove grandi compagnie petrolifere e del gas, oltre alle loro politiche per raggiungere questi obiettivi e gli strumenti per monitorare i progressi.

Dall'analisi è emerso che sei delle aziende analizzate (Shell, Total, Equinor, Chevron, Conoco-Philips ed Exxon-Mobil) hanno progettato il loro sistema di rilevazione per sottrarsi alla responsabilità di tutto o parte del loro Ambito 3, vale a dire le emissioni generate dalla combustione dei loro prodotti da parte dell'utente finale. In pratica, queste aziende fingono di ignorare che producono combustibili, i quali saranno bruciati producendo CO2. In questo modo, le loro emissioni saranno simili a quelle di un'azienda che produce, per esempio, giocattoli in legno, per cui nel calcolo del carbonio entra solo la fase di produzione, e non quella di utilizzo.

Questo porta a un'enorme sottostima del loro impatto: le emissioni dell'Ambito 3 rappresentano una quota vicina al 95% dell'impronta di carbonio complessiva di un'impresa petrolifera e del gas, con una media, delle imprese analizzate, pari all'85%.

Carbon Tracker ha effettuato ricerche e ha concluso che le maggiori compagnie petrolifere e di gas del mondo dovrebbero tagliare la produzione totale del 35% entro il 2040 per rispettare le ambizioni collettive dell'Accordo di Parigi. Questo taglio potrebbe limitare l'aumento della temperatura a 2°C, una traiettoria che, secondo l'IPCC, comporterebbe una perdita in termini di ambiente, di salute ed economia significativamente maggiori rispetto alla soglia degli 1,5°C.

"Di per sé, gli obiettivi netti zero non sono sufficienti per adempiere agli obiettivi di Parigi", sostiene l'autore del rapporto Mike Coffin.

Il problema è che la maggior parte delle aziende analizzate ha in programma di aumentare la produzione di petrolio o gas nel prossimo decennio o hanno obiettivi climatici che le lascerebbero libere di sviluppare o attuare tali piani. Per cui non si capisce di quale riduzione di CO2 si parli.

Secondo l'analisi, l'impresa nella posizione migliore per conformarsi all'accordo di Parigi è la nostra Eni. L'azienda italiana si impegna a raggiungere emissioni nette zero dalle fonti Ambito 1 (emissioni prodotte in impianto di produzione) e Ambito 2 (emissioni prodotte fuori impianto, per energia utilizzata in impianto), per poi ridurre le emissioni assolute del 35% entro il 2030 e raggiungere le emissioni nette zero attraverso le emissioni assolute entro la metà del secolo.

Non limitando la produzione, e non passando alle energie rinnovabili, le major del petrolio e del gas stanno mettendo sì a repentaglio i progressi verso gli obiettivi di Parigi, ma non basta. Secondo Carbon Tracker, in questo modo, stanno mettendo a repentaglio anche la propria redditività. Le grandi società rischiano di perdere 2.000 miliardi di euro in attività bloccate entro il 2030. L'unico grande attore di petrolio e gas ad aver spostato finora la stragrande maggioranza del suo portafoglio in fonti rinnovabili è la danese Orsted, ex Danish Oil and Natural Gas (DONG).

Ben posizionate anche l'iberica Repsol e la britannica BP. BP ha fissato un obiettivo a zero-emissioni, ma ha ricevuto critiche proprio sull'Ambito 3. Da allora, si è impegnata a ridurre il valore delle sue risorse di combustibili fossili.

ExxonMobil, invece, arriva buona ultima. I suoi obiettivi climatici riguardano solo le emissioni Ambito 1 e Ambito 2, relative ai progetti di sabbie bituminose. Anche Chevron e ConocoPhillips se la sono cavata male. Carbon Tracker afferma che i loro obiettivi ridurranno le loro emissioni complessive solo del 3% entro il 2050, rispetto al 2018. Nel complesso, esiste un divario "importante" tra le ambizioni e le azioni delle aziende europee e statunitensi.