Perché dobbiamo limitare l'aumento di temperatura a 1,5 o 2 gradi sopra i livelli preindustriali? Cosa significa effetti "pericolosi" del cambiamento climatico? Quanto devono calare le emissioni, e per raggiungere quale soglia? Proviamo a fare un po' di numeri.

Il mondo deve dimezzare le emissioni entro il 2030 se l'umanità vuole evitare danni maggiori. Definizioni, soglie, termini di paragone sono frutto di pazienti mediazioni, studi accurati e un po' di psicologia.

Il dibattito sul cambiamento climatico a volte può sembrare pieno di numeri magici e soglie oscure. La più importante di queste soglie è quella dei 2 gradi di riscaldamento sui valori preindustriali, superati i quali, dovremmo aspettarci disastri epocali.

Questo valore è stata tirato fuori a capocchia, oppure è il prodotto di anni di attenta ricerca da parte di scienziati e di trattative scrupolose tra i diplomatici? Perché non si è deciso un grado solo, o 3, o 1,414213562? Vale la pena capire come il mondo arriva a questi obiettivi e cosa potrebbe accadere se non riuscissimo a raggiungerli.

Nel 1992, i leader mondiali firmarono un trattato che prometteva di stabilizzare le concentrazioni di gas serra nell'atmosfera "a un livello che impedirebbe pericolose antropogeniche interferenze con il sistema climatico". Ciò istituì la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (United Nations Framework Convention on Climate Change - UNFCCC) e da allora i paesi membri hanno cercato di capire come raggiungere i suoi obiettivi.

Questa dichiarazione, che avrebbe voluto essere oggettiva, si è miseramente arenata sul termine "pericoloso", che, ci rendiamo ben conto, è uno standard piuttosto soggettivo.

Gli scienziati hanno lavorato molto per definire la soglia dopo la quale un'interferenza antropogenica possa essere considerata 'pericolosa'. Già negli anni '70, l'economista di Yale William Nordhaus suggerì che gli umani avrebbero voluto evitare un aumento della temperatura media globale che andava oltre le variazioni naturali osservate negli ultimi centinaia di migliaia di anni, ovvero da quando la specie umana si distinse significativamente dai primati da cui trasse origine. Ciò significherebbe limitare il riscaldamento a circa 2 gradi Celsius sopra i livelli preindustriali.

Nordhaus però era un economista, non un climatologo, e indicò il suggerimento di 2 gradi effettivamente un po' a capocchia. Ma il crescente corpus di lavori di esperti di agricoltura, meteorologi, scienziati del ghiaccio, ecologi e altri ricercatori, rivelò successivamente che quella soglia, i 2 gradi appunto, non era affatto sbagliata. Anzi: parrebbe proprio che superarla porterebbe tutti a conseguenze orribili.

Nel 2001, il gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (Intergovernmental Panel on Climate Change - IPCC) produsse il cosiddetto "diagramma delle braci ardenti", un barometro dei rischi associati a vari livelli di riscaldamento (Figura 2). Man mano che le temperature salivano da 0 a 5 gradi sopra i livelli preindustriali, il rischio di eventi meteorologici estremi, la probabilità di danni all'economia e danni agli esseri umani veniva illustrato con barre che passavano da giallo pallido a rosso fuoco. La misura in cui la maggior parte dei rischi sembrava virare al rosso, corispondeva proprio all'incirca a 2°C.

"Non c'è, su quelle braci ardenti, una linea che dica: <<Qui il mondo finisce>>," dice Richard Alley, geografo della Pennsylvania State University e collaboratore di numerosi rapporti IPCC. "Ma a 2 gradi, il diagramma suggerisce: <<stai avendo impatti sulla maggior parte delle persone, sul mercato, sugli ecosistemi, che rendono la vita difficile a tutti>>."

Intanto, i diplomatici dei paesi che avevano firmato l'UNFCCC continuavano a riunirsi per elaborare un piano per affrontare i cambiamenti climatici. Ma, fino al loro incontro del 2015 a Parigi, non avevano mai concordato una definizione di "pericoloso".

L'Accordo sul clima di Parigi è il primo trattato in cui i paesi si sono impegnati a limitare il riscaldamento a una soglia. E, guarda caso, Nordhaus ci aveva preso: la soglia fu fissata "ben al di sotto dei 2 gradi Celsius". La precisione non è una dote di cui son colmi i politici e i diplomatici: siamo ancora nell'indeterminazione, grazie a quel 'ben', ma almeno un numero, un piccolo, insignificante numero, ora c'era.

Da questo obiettivo, gli scienziati dovevano fare la conversione da temperatura a tonnellate di carbonio: quanto altro gas serra l'umanità potrebbe emettere in atmosfera senza superare quel livello di riscaldamento? Qual è, in altri termini, il budget globale di carbonio che l'uomo può permettersi, prima di arrivare a effetti 'pericolosi'? La quantità è stata fissata tra le 500 e le 1.000 gigatonnellate. È circa quanto il mondo emette in un decennio o due.

Bene. Era fatta? Purtroppo no. Rimaneva un problema: l'accordo di Parigi non poteva costringere le nazioni ad accettare limiti specifici sulle emissioni. Nessuno avrebbe accettato. Finché si sta sul vago, siamo tutti ambientalisti, quando arrivano le cifre, iniziano i distinguo.

I partecipanti hanno allora elaborato piani volontari per ridurre le emissioni. Il problema è che la maggior parte di quei piani, in particolare quelli dei maggiori produttori, come gli Stati Uniti e la Cina, non erano abbastanza ambiziosi da raggiungere l'obiettivo di temperatura generale delle Nazioni Unite. Gli USA, poi, hanno recesso immediatamente dopo dall'accordo, quindi, figuriamoci.

Una recente analisi ha rilevato che gli impegni attuali provocherebbero al mondo un riscaldamento di 3,2 gradi Celsius entro la fine del secolo. Pochi paesi sono sulla buona strada per raggiungere anche i propri obiettivi pur modesti. Molti non arrivano nemmeno a questi (tra cui la nostra povera Italietta). Degli Stati Uniti, non parliamo nemmeno.

Nel frattempo, i modelli in mano ai climatologi, grazie alla loro (dei climatologi) maggiore esperienza e all'aumento della potenza computazionale, apprendevano che 2 gradi di riscaldamento potrebbero essere più pericolosi di quanto si pensasse inizialmente. Per cui, col cavolo che Nordhaus aveva ragione! Ci aveva provato, a noi faceva comodo, ma tutto sommato si sbagliava.

Le Nazioni Unite chiesero allora all'IPCC di produrre un rapporto speciale su un obiettivo ancora più basso: 1,5 gradi C. Il rapporto, uscito nel 2018 (vedi Fermiamo il riscaldamento, o saranno guai), mostra una differenza piuttosto imbarazzante tra un mondo a 1,5 gradi e uno a 2 gradi.

A due gradi di riscaldamento, oltre un terzo della popolazione mondiale sarà soggetta a ripetute ondate di caldo, secondo il rapporto. Le barriere coralline per lo più scompariranno, ed estati prive di ghiaccio nell'Artico diventeranno dieci volte più probabili. C'è inoltre l'incombente possibilità di innescare feedback imprevedibili e incontrollabili, che accelererebbero ulteriormente il riscaldamento, come la disintegrazione della calotta glaciale antartica o il catastrofico incendio delle principali foreste.

Il problema è che fissare il nuovo obiettivo a 1,5 gradi Celsius, significherebbe che le emissioni di gas a effetto serra dovrebbero iniziare a diminuire del 7,6 per cento all'anno, a partire da quest'anno. Il mondo dovrebbe ridurre le emissioni del 45 percento entro la fine del decennio e raggiungere emissioni zero entro il 2050.

Il raggiungimento di questo obiettivo richiederebbe un approccio estremo, mentre nemmeno quello soft è ancora entrato a regime. Già, perché purtroppo, mentre noi ci trastullavamo tra le soglie di 1,5 e 2 gradi, che comporterebbero in ogni caso drastiche riduzioni della CO2 emessa, il mondo, nel 2019, produceva emissioni record (vedi Gas serra ancora in aumento).

Si tratta comunque di freddi numeri. Come gli scienziati ci ricordano a ogni piè sospinto, superare le soglie di riscaldamento non significa che la Terra collasserà domani mattina. D'altro lato, il raggiungimento degli obiettivi non garantisce che l'umanità eviterà le pericolose conseguenze dei cambiamenti climatici. Per questo è già troppo tardi.

Molte persone in tutto il mondo, in Australia (vedi In ​​Australia brucia il nostro stile di vita), in Brasile (vedi La foresta pluviale amazzonica sta bruciando), in Indonesia (vedi Indonesia: inondazioni mai viste) hanno un'idea di cosa possiamo aspettarci all'aumentare della temperatura. Il 20% del globo si è già riscaldato di almeno 1,5 gradi Celsius. L'Artide, per esempio: lì, il terreno sta sprofondando per lo scioglimento del permafrost (vedi Scioglimento del permafrost: il pericolo nei ghiacci). Le specie ittiche, dalle quali miliardi di persone dipendono per il cibo, stanno scomparendo dai mari. Le estati sono diventate così calde che le città hanno l'aria condizionata all'aperto (succederà davvero, in Qatar per i mondiali di calcio 2022). Gli incendi boschivi che infuriano attualmente in Australia arrivano dopo un anno che è stato 3,2 gradi più caldo della media.

"Mi chiedete cosa significhi 'pericoloso'. Penso che la natura stia già rispondendo a questa domanda," ha dichiarato Veerabhadran Ramanathan, un climatologo presso la Scripps Institution of Oceanography: "Ecco, per esempio, quello che abbiamo raggiunto è un livello pericoloso."