Il Coronavirus potrebbe offrire opportunità su come organizzare la lotta ai cambiamenti climatici.

Quando la pandemia di COVID-19 sarà passata, le società potrebbero usare le misure, adottate per l'epidemia, per abbassare le emissioni. Smart working, teleconferenze, accorciamento delle filiere e, soprattutto, la capacità di agire rapidamente.

Il virus si diffonde in tutto il mondo, rovescando routine familiari, sconvolgendo l'economia globale e mettendo in pericolo vite umane. Decenni di tagli alle spese pubbliche, soprattutto sanitarie, hanno reso letale quella che in altri tempi sarebbe stata considerata una banale epidemia.

Ora, la minaccia alla salute pubblica assume il ruolo primario che fino a ieri spettava ai soli cambiamenti climatici. Ma alcuni cambiamenti che la diffusione di COVID-19 sta provocando, potrebbero rivelarsi più duraturi e favorevoli per la lotta contro il riscaldamento globale.

Le misure di stimolo volte ad alleviare lo shock economico del COVID-19 potrebbero servire di più se contemporaneamente si puntasse a ridurre le emissioni, finanziando infrastrutture a basse emissioni di carbonio o offrendo formazione online per posti di lavoro nell'economia verde ai nuovi lavoratori disoccupati bloccati a casa.

Fatih Birol, direttore dell'Agenzia internazionale per l'energia (International Energy Agency, IEA), la scorsa settimana ha rivolto a governi e istituzioni finanziarie internazionali proprio questo tipo di richiesta: se stimolo deve essere, si finanzi investimenti in energia pulita, batterie e cattura di carbonio.
La pandemia e la crisi climatica hanno in comune molti aspetti. Questo fatto potrebbe far sì che noi umani possiamo sfruttare le lezioni imparate con il COVID-19 per la lotta contro il clima.

Un elemento in comune tra i due fenomeni è il fatto che le azioni di ciascuno di noi, sia in termini di esposizione alla malattia o di emissioni di CO2, ha conseguenze sugli altri. Il virus sarà servito a qualcosa se ci costringerà a considerare le esternalità.

Altra somiglianza riguarda la crescita esponenziale dei due fenomeni, soprattutto in relazione alla capacità limitata degli umani di farvi fronte. Nel caso del virus, il pericolo è il numero di persone infette che stressano i sistemi sanitari falcidiati dai tagli selvaggi; mentre invece il cambiamento climatico soffre della crescita delle emissioni, che travolge la nostra capacità di gestire siccità, alluvioni, incendi e altri eventi estremi.

L'emergenza COVID ci sta insegnando ad agire in modo apparentemente sproporzionato rispetto alla realtà attuale, perché dobbiamo tener conto della crescita esponenziale. Se si aspetta troppo, o si agisce con titubanza, diventa troppo tardi.

Le risposte dei governi europei e mondiali sono state, col senno di poi, troppo timide e tardive. Stiamo guardando i leader politici mondiali prendere sonore lezioni in pochi giorni. Sarebbe bello che queste lezioni diventassero utili, una volta superata l'emergenza, anche nella lotta contro l'altro fenomeno esponenziale, quello climatico.

Un altro elemento in comune è il negazionismo: come per il clima, anche nel caso del COVID-19, alcuni hanno cercato di negare la gravità del problema. Ciò può essere in parte dovuto al fatto che entrambi i fenomeni provocano paura e incertezza per il futuro, ed è quindi più comodo negarne l'importanza.

La risposta mondiale senza precedenti al COVID-19 (quasi un arresto dei trasporti, soprattutto aerei, fabbriche che chiudono, attivazione compulsiva del lavoro a distanza) sta provocando un indubbio crollo delle emissioni di carbonio e degli altri inquinanti (vedi Coronavirus: la Cina si sta disinquinando ). Ma è ovvio che tali cambiamenti siano temporanei.

Sappiamo bene che, non appena superata l'emergenza, CO2 e inquinamento rimbalzeranno verso l'alto, accompagnati dagli indici finanziari, che adesso mettono grande preoccupazione. Non appena sarà possibile riprendere l'auto, l'aereo, non appena le fabbriche riapriranno, tutto tornerà come prima. Anzi, se continueranno le paure legate alla promiscuità, tipica dei trasporti pubblici, l'impronta ecologica del pendolarismo potrebbe aumentare ulteriormente.

Se vogliamo considerare il bicchiere mezzo pieno, alcuni nuovi comportamenti virtuosi potrebbero sopravvivere alla pandemia. È probabile che ci sarà un calo nei viaggi di lavoro, poiché le grandi aziende si saranno abituate alle videoconferenze.

Allo stesso modo, la pandemia potrebbe favorire l'economia di prossimità, limitando la corsa folle alla globalizzazione che aveva caratterizzato gli ultimi anni. Molte nazioni e aziende potrebbero considerare di ridurre la loro vulnerabilità a filiere altamente globalizzate. Questo potrebbe ridurre strutturalmente la domanda di petrolio, con conseguente riduzione dell'impronta di carbonio del trasporto marittimo.

Alcune aziende e organizzazioni potrebbero accelerare la loro trasformazione in aziende completamente virtuali, abbandonando del tutto gli uffici. C'è molta richiesta latente tra i lavoratori per tali accordi, e le aziende potrebbero arrivare a capire che possono risparmiare denaro mantenendo uffici più piccoli. Cambiamenti sul posto di lavoro possono portare a riduzioni reali delle emissioni.