Nascono i primi impianti per estrarre i metalli preziosi dai rifiuti elettronici.

Una tecnologia biologica si propone di arginare un problema mondiale di accumulo di rifiuti tossici ma ricchi di sostanze preziose.

Oro, palladio e rame saranno tra i primi metalli a essere estratti da RAEE in una bioraffineria in Nuova Zelanda tra un paio di settimane.

Finanziato anche dal governo di Wellington, attraverso il Fondo per la riduzione dei rifiuti del Ministero per l'Ambiente, l'impianto dimostrativo sarà aperto ai riciclatori di tutto il mondo.

Attraverso il lavoro dei batteri, i progettisti contano di recuperare per ora circa 9.000 euro in metalli da ogni tonnellata di rifiuti elettronici macinati e polverizzati forniti dalla Raccolta RAEE della Nuova Zelanda.

L'impianto, come detto, è dimostrativo, ma non in scala ridotta. Potremmo definirlo in fase pre-commerciale.

L'impatto fisico delle tecnologie digitali è un problema spesso trascurato, nella fallace convinzione che l'economia immateriale sia "a basso impatto", che spostare bit sia un processo leggero, che produrre cultura non comporti spreco di energia e di materia, né produca rifiuti.

In realtà, questa folle corsa all'obsolescenza dei nostri dispositivi sta producendo fisicamente montagne di rifiuti, che da qualche parte in Asia (vedi L'Asia sepolta da una montagna di rifiuti elettronici) e in Africa (vedi RAEE: tossine nelle uova africane) danno un miserabile, malsano e pericolosissimo lavoro a masse di disperati che cercano di estrarre da questa spazzatura il loro prezioso contenuto in metalli e terre rare.

È una questione eminentemente economica: il costo effettivo di riciclo dei rifiuti elettronici è costituito in gran parte dallo smontaggio del pezzo e la cernita dei materiali riutilizzabili e non. Queste operazioni devono essere fatte in sicurezza, e spesso costano di più, al netto dei ricavi, della semplice esportazione illegale.

Ora, fortunatamente, pare che qualcosa si stia muovendo a tutela dei lavoratori delle discariche, e un numero sempre maggiore di paesi poveri, rifiutano di importare rifiuti elettronici.

Lo scorso anno sono stati generati circa 50 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, con il solo valore metallico stimato intorno ai 45 miliardi di euro: solo di oro, si parla di 20 miliardi di euro, che si trovano principalmente nei circuiti stampati. Una vera e propria miniera di "minerale urbano."

La bioraffineria utilizzerà microrganismi per estrarre metalli preziosi da complessi flussi di rifiuti. Gli stessi flussi di processo saranno a loro volta riciclati, fornendo una soluzione ambientalmente responsabile per rifiuti particolarmente tossici. I rifiuti inerti residui del processo saranno disponibili come aggregato o riempitivo e l'eventuale acqua grigia residua sarà priva di sostanze chimiche.

Il vantaggio principale di questa tecnologia è la scalabilità, che consente la nascita di impianti su scala urbana in grado di recuperare valore dagli e-waste nella stessa città dove sono raccolti.

Soluzioni innovative come questa sono ovviamente benvenute, ma non dimentichiamo che esse mirano a ridurre il solo inquinamento secondario, ovvero quello causato dalle montagne di E-waste.

L'inquinamento più importante è quello primario, ovvero l'utilizzo di risorse preziose, sempre più rare e sempre più difficili da estrarre. Ciascuno smartphone, pur pesando pochi grammi, si porta dietro 34 chili di rifiuti solo dalla roccia estrattiva e 100 litri di acqua inquinata (vedi L'iPhone e i suoi 34 chili di roccia).
Occorre agire non solo nei flussi di riciclo, ma anche nella mente dei consumatori.