Secondo il Circularity Gap Report di Circle Economy, il mondo potrebbe evitare i cambiamenti climatici se passasse effettivamente a un'economia circolare. Assoluta mancanza di consapevolezza da parte di politici e aziende.

Oggi solo il 9% dei materiali viene riutilizzato a livello globale. L'economia circolare riempie la bocca di milioni di parolai, ma riuso, riciclo e durata dei prodotti restano al palo.

L'annuale incontro tra i ricconi del mondo, il World Economic Forum, che si svolge a Davos, patrocina la Platform for Accelerating the Circular Economy (PACE), che a sua volta ha prodotto un rapporto sull'Economia Circolare, il Circularity Gap Report, le cui conclusioni, tagliate con l'accetta, sono che il mondo potrebbe evitare pericolosi cambiamenti climatici se passasse effettivamente a un'economia circolare.

Che un gruppo di ricchi pontifichi su come il mondo dovrebbe impostare l'economia per salvarsi, può risultare un po' antipatico. Ma quando il dito indica la luna, è nostro dovere di analisti dirigere lo sguardo verso la luna, senza preoccuparci dell'autorevolezza del dito.

Al di là del dito, e delle conclusioni in realtà un po' infantili, la ricerca è meno banale di quanto sembri: essa mostra un ampio raggio di azione per ridurre le emissioni di gas serra applicando principi circolari (riuso, riprogettazione della produzione e riciclo) in settori chiave come gli immobili. Tuttavia, lo studio osserva la mancanza di coscienza da parte dei governi sulla criticità dell'economia circolare come strumento per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C rispetto all'era pre-industriale.

Il Circularity Gap Report 2019 rileva che l'economia globale è circolare solo per il 9%, ovvero solo il 9% dei 92,8 miliardi di tonnellate di minerali, combustibili fossili, metalli e biomassa che entrano nell'economia vengono riutilizzati ogni anno.

Il cambiamento climatico e l'uso dei materiali sono invece strettamente e tragicamente collegati. Il gruppo Circle Economy calcola che il 62% delle emissioni globali di gas serra (escluse quelle derivanti dall'uso del suolo e dalla silvicoltura) vengono rilasciate durante l'estrazione, la lavorazione e la produzione di beni per soddisfare le esigenze della società; solo il 38% viene emesso nella consegna e per l'uso di prodotti e servizi.

Eppure l'uso globale dei materiali sta accelerando. È più che triplicato dal 1970 e potrebbe raddoppiare entro il 2050 senza azione, secondo il gruppo internazionale delle risorse delle Nazioni Unite.

Il capo di Circle Economy, Harald Friedl, ha dichiarato: "Un mondo che vuole sopravvivere non può che essere circolare. Riciclo, maggiore efficienza delle risorse e modelli di business circolari offrono enormi opportunità per ridurre le emissioni. Un approccio sistemico all'applicazione di queste strategie potrebbe ribaltare l'equilibrio, ora disperato, nella battaglia contro il riscaldamento globale."

Le strategie sui cambiamenti climatici dei governi sono concentrate sulle energie rinnovabili, l'efficienza energetica e nell'evitare la deforestazione, ma hanno trascurato il vasto potenziale dell'economia circolare. Occorrerebbe riprogettare le catene di approvvigionamento fino ai pozzi, ai campi, alle miniere e alle cave dove provengono le nostre risorse in modo da consumare meno materie prime.

Il rapporto chiede ai governi di agire per passare da un'economia lineare a un'economia circolare che massimizzi l'utilizzo delle risorse esistenti, riducendo al contempo la dipendenza dalle nuove materie prime e riducendo al minimo gli sprechi. L'innovazione per estendere la durata delle risorse esistenti non solo ridurrebbe le emissioni, ma anche la disuguaglianza sociale. Il che, detto da un club di ricchi, ha un particolare significato.

Le strategie circolari sono particolarmente importanti nell'edilizia, che rappresenta un quinto delle emissioni globali. Circle Economy calcola che quasi la metà di tutti i materiali che entrano nell'economia (42,4 miliardi di tonnellate all'anno) sono utilizzati nella costruzione e manutenzione di case, uffici, strade e infrastrutture.

Servirebbe un coordinamento mondiale, poiché i paesi dovranno adottare strategie diverse. Nelle economie emergenti, dove l'alta crescita della popolazione e la rapida urbanizzazione stanno producendo un massiccio boom edilizio, la sfida è adottare pratiche di costruzione che riducano al minimo l'uso di materie prime e le conseguenti emissioni

In Cina, la maggior parte delle case e delle strade che verranno utilizzate dai cittadini nei prossimi 10-50 anni non sono ancora state costruite. Circle Economy calcola che le costruzioni di questo paese emettano ogni anno 3,7 miliardi di tonnellate di gas serra. Queste cifre raddoppieranno entro il 2050, da 239 a 562 miliardi di tonnellate di materiale. Meno del 2% dei materiali da costruzione in Cina sono attualmente costituiti da materiali riciclati. Per fortuna, il tasso di riciclo per i rifiuti da costruzione e demolizione è in continua crescita.

In Europa e in altre economie sviluppate con un parco immobiliare maturo, il settore edilizio va molto più lentamente. Il rapporto invita questi paesi a massimizzare il valore degli edifici esistenti estendendone la durata, migliorando l'efficienza energetica e trovando nuovi usi per loro quando necessario. È anche importante aumentare il riutilizzo e il riciclaggio di materiali nell'ambiente costruito in Europa, attualmente fermo al 12%.

Un lavoro enorme resta da fare nelle economie consolidate, dove la priorità è fare un uso migliore delle infrastrutture esistenti. Allo stesso tempo è fondamentale lavorare con le economie emergenti per evitare errori commessi in passato. Occorre sostituire i metodi di costruzione tradizionali con pratiche all'avanguardia che non bloccheranno le emissioni elevate per i decenni a venire. I Paesi avranno il massimo impatto progettando non solo case, edifici e infrastrutture, ma intere città per la massima efficienza delle risorse ".