Qualcuno chiama così i pascoli erbosi, custodi di scarsissima biodiversità, poco protettivi da frane e alluvioni e segno evidente di allevamenti ad alto effetto-serra. Abbiamo disperatamente bisogno di sostituirli con foreste, soprattutto in montagna.

Le collinette erbose alla Teletubby, e quelle ricoperte di vigneti, non sono né ecologicamente desiderabili né utili al pianeta.

La natura è una rete straordinariamente complessa e interconnessa di specie che dipendono l'una dall'altra per la sopravvivenza. Se una parte scompare, ha un effetto a catena sull'intero sistema.

Siamo in un periodo di estinzioni di massa (vedi La sesta estinzione di massa) e la biodiversità si sta riducendo a un ritmo allarmante sia a livello mondiale che qui in Italia. Il colpevole? L'attività umana.

La perdita di biodiversità è particolarmente evidente nelle aziende agricole, dove è diminuita drasticamente. Si stima che la perdita di uccelli tipici di campagna sia di almeno 40 milioni di individui (vedi La primavera rischia di diventare silenziosa).

Una delle ragioni di questo crollo sconcertante nel numero di specie selvatiche, dagli insetti (vedi Emergenza insetti) agli uccelli, è dovuta alle monoculture erbacea o viticola che dominano grandi aree della campagna, specialmente nelle aree montane.

Il paesaggio collinare e montano è profondamente intaccato dagli umani: vigneti fin dove si può, e poi solo erba, tutto identico, simile a una sorta di "cemento verde", espressione coniata dal giornalista del Guardian Michael McCarthy. Si tratta di erba, o di qualche monocoltura a filari, ciò che gli abitanti delle città considerano il massimo della natura (vedi Adriano Celentano - Il ragazzo della via Gluck), ma queste praterie sterili hanno un effetto dannoso simile a quello del cemento: un'enorme riduzione del numero di specie che possono abitarlo.

L'idea che alcune aree della campagna, in particolare le aree montane, siano adatte solo al pascolo del bestiame è un'aberrazione. Non è un caso che il pascolo sia il teatro in cui vivono i terribili Teletubbies e che sia stato lo sfondo-icona di Windows XP, buono per persone che passano la vita davanti al PC, ignare di cosa sia la natura. Le aree selvatiche erano un tempo dimora di antichi boschi, brulicanti di vita.

Progetti di rimboschimento potrebbero trasformare i nostri terreni montuosi, contribuendo a promuovere una nuova vita in questi deserti erbosi, sequestrando anche grandi quantità di anidride carbonica dalla nostra atmosfera e contribuendo a prevenire le alluvioni nelle pianure.

L'aumento della copertura degli alberi consente all'acqua di penetrare più facilmente nel terreno. Sulla terra tenuta a pascolo, l'acqua non può permeare a causa della perdita di vegetazione profonda e del terreno compattato, causato dal bestiame al pascolo.

Una ricerca dell'ente britannico che si occupa dei rischi di alluvioni, calcola che il rimboschimento di appena il 5% della terra ridurrebbe le inondazioni di circa il 29%, mentre la piena riforestazione le ridurrebbe a metà.

Oggi il patrimonio forestale italiano è costituito da circa 9 milioni di ettari di foreste e quasi 2 milioni di ettari di altre terre boscate, in prevalenza arbusteti, boscaglie e macchia. Complessivamente, le aree forestali coprono oltre il 35% del territorio nazionale.

Nell'ultimo secolo la superficie forestale è aumentata costantemente, anche se recentemente c'è stato un rallentamento. Sulla base dei tre inventari forestali nazionali del 1985, 2005 e 2015, si osserva un incremento annuo della superficie forestale totale dello 0,3% tra il 1985 e 2005 e dello 0,2% tra il 2005 e 2015.

Ogni anno le foreste italiane sottraggono dall'atmosfera circa 46,2 milioni di tonnellate di anidride carbonica. Notevole la loro varietà di alberi: dominano le faggete, i boschi di rovere, roverella e farnia, i castagneti, le leccete e i boschi di abete rosso. Le specie più diffuse sono il faggio, il carpino nero, la roverella, il castagno, il cerro, il larice, l'abete rosso e il leccio.

Il settore forestale italiano dà lavoro a 100mila persone, occupate in selvicoltura e lavori in bosco. Il mondo dell'associazionismo escursionistico può contare su oltre 620.000 iscritti. Una categoria di escursionisti in forte crescita è quella degli utilizzatori dei 'cammini' storico-religiosi, così come quella dei cicloturisti e degli appassionati di mountain bike.

Ci sono circa 192 parchi avventura, distribuiti principalmente tra Lombardia e Trentino-Alto Adige (22), Toscana (17) e Sicilia (14). Da segnalare infine l'esperienza degli asili nel bosco, con 71 iniziative per ora nel Nord e nel Centro. La maggior parte dei progetti ospita classi di 10-20 bambini, con eccezioni che arrivano fino a 120 bambini.

Numeri confortanti, in media con il resto dell'Unione a 28, ma non dobbiamo dimenticare che abbiamo un disperato bisogno di alberi. Non solo per strappare metri quadrati al cemento verde, ma per avere qualche speranza di raggiungere i nostri obiettivi di emergenza climatica, per soddisfare gli obiettivi di riscaldamento globale dell'accordo di Parigi.

Non basta ridurre le emissioni di CO₂ (cosa che comunque NON stiamo facendo), ma l'accordo ci obbliga ad aumentare la superficie boschiva.

I pascoli non sono solo un problema di biodiversità: rappresentano l'intensità degli allevamenti animali, una fonte notevole di CO₂. Se tutte le colture attualmente utilizzate per l'alimentazione animale fossero dedicate al consumo umano, potremmo soddisfare tutte le nostre esigenze nutrizionali.

Coltivare colture proteiche vegetali o piantare alberi, avrebbe esiti ambientali molto migliori rispetto al pascolo dei ruminanti, che producono livelli molto alti di gas metano, un potente gas serra, circa 25 volte più potente della CO₂.

Sono obiettivi che né l'Unione Europea, attraverso la PAC (vedi La PAC danneggia il clima), né tanto meno il governo italiano, in tutt'altre faccende affacendato, stanno anche solo considerando. Speriamo arrivino tempi migliori.