Imponente sforzo mediatico della Shell per un eco-festival a Londra, ma ferma e rapida è stata la reazione dei gruppi ambientalisti.

Londra per un week end è stata la capitale del Greenwashing. Make the future, l'eco-festival di Shell, ha creato tanto can can mediatico, non tutto a suo favore.

La Shell che organizza un eco-festival suona strano. È come se la camorra organizzasse il festival della legalità, o Jovanotti il festival della musica. Ma "Make the Future", l'apoteosi del greenwashing della Shell, ha avuto regolarmente luogo a Londra lo scorso fine settimana.

Chi lo ha visitato ha potuto toccare con mano dei propositi impossibili, come "colmare il divario di genere nella tecnologia", dei propositi inutili, come "far funzionare gli autobus di Londra con il caffè" o pura fuffa, come "quanto è fico il gas."

L'evento del Shell's Olympic Park è stato pubblicizzato pesantemente nella capitale per diverse settimane, sottolineando l'interesse della società per la tecnologia verde. Il festival fa parte della complessa operazione di greenwashing del gigante petrolifero, che va sotto lo slogan "Make the Future," volto a convincere i giovani che l'industria petrolifera è un datore di lavoro desiderabile.

Un rapporto del 2016 di McKinsey aveva infatti mostrato che i millennial si stavano interrogando sull'opportunità di cercare lavoro nell'industria petrolifera, bilanciando carriera e coscienza pulita. Il rapporto aveva provocato uno spasmo di pubbliche relazioni in Big Oil, e un tentativo disperato di conquistare i millennial.

Gli ambientalisti hanno compreso la sottile differenza esistente tra l'oggetto del festival, ovvero la tecnologia verde, e il modello di business di queste aziende, che di verde non ha proprio nulla.

Sebbene la Shell stia facendo corposi investimenti in tecnologie pulite, questi riflettono solo le gigantesche dimensioni della multinazionale, ma rappresentano solo una piccolissima parte del loro investimento complessivo. Nel novembre dello scorso anno, Shell si è piegata alla pressione degli azionisti e ha aumentato gli investimenti nella nuova divisione energetica da 1 miliardo di dollari USA all'anno a 1,8 miliardi, meno del 6% del loro investimento annuale totale superiore ai 30 miliardi. Tanto per chiarire questo contesto, Shell prevede di investire 6 miliardi di dollari l'anno in trivellazioni in acque profonde e 3 miliardi l'anno per il fracking, alla faccia delle tecnologie pulite!

Gli ambientalisti hanno per questo organizzato delle contro-manifestazioni a margine del festival. Alethea Warrington di Fossil Free London ha dichiarato: "Abbiamo pensato che il modo migliore per reagire fosse con una risata, motivo per cui abbiamo deciso di affrontare Shell giocando a dodgeball (palla prigioniera)." Vedi manifesto del gioco in Figura 3.

E a palla prigioniera anti-greenwash si è effettivamente giocato al di fuori del festival Make the Future di Shell all'Olympic Park, Londra. Gli ambientalisti hanno anche invitato i giovani a fare foto con un manifesto che si impegnava a non lavorare per Shell mentre l'azienda continua a investire in combustibili fossili.

Secondo Camilla Zerr, di Divest Hackney, "la Shell sta giocando con il nostro pianeta. Non solo bruciando combustibili fossili, fatto di per sé già abbastanza grave, ma anche cercando nuove fonti di combustibili fossili, in alcuni dei posti più pericolosi ed ecologicamente delicati della Terra. Noi, la gente dell'East London, siamo pronti a disinvestire dai combustibili fossili, e investire in una transizione verso le energie rinnovabili."

In effetti, osservando la comunicazione mediatica della Shell a partire dal canale YouTube-Shell, o gran parte del loro materiale di marketing come il recente rapporto citato in La ricetta della Shell contro il cambiamento climatico, si nota molto poco di ciò che Shell spende per la maggior parte dei suoi progetti, ovvero la perforazione profonda e il fracking.

Il contributo della Shell al riscaldamento globale è enorme: nel 2017 è stato di 664 milioni di tonnellate equivalenti di anidride carbonica. Ci sono solo 11 nazioni nel mondo con un'impronta maggiore. Ovvero, se i grandi della terra fossero classificati in base alla produzione di CO2, la Shell sarebbe comodamente dentro il G20.

Ma un greenwashing massiccio come quello Shell non sta in piedi da solo: ha bisogno di entusiasti sostenitori, anche tra i politici. Gli attivisti di Culture Unstained hanno avuto accesso alle mail tra l'ufficio del sindaco di Londra e la Shell, attraverso una procedura di legge per la trasparenza degli atti pubblici, riscontrando una singolare impazienza tra i rappresentanti della città di aiutare la Shell a riscattare la sua immagine.

Per ottenere l'intervento di Sadiq Khan a una conferenza nell'ambito di "Make The Future", l'ufficio del sindaco aveva chiesto un annuncio relativo a un presunto 'buon lavoro' della Shell a Londra (figura 2). La miglior risposta della Shell è stata una manciata di punti di ricarica di auto elettriche e lo sbandieramento di poche donne tra i suoi tecnici, in nome di un'imbarazzante quanto insussistente 'parità di genere'. La politica viene via con poco.