La prospettiva di perdere la Cina come consumatore di scorie occidentali potrebbe e dovrebbe spronare le nazioni industrializzate ad assumersi maggiori responsabilità per i rifiuti che generano.

Cosa sta succedendo in Cina e nel resto del mondo per i riciclabili. Le operazioni Green Fence e National Sword, e il prossimo inasprimento delle soglie di contaminazione.

Riassumiamo: nel luglio 2017 la Cina, il più grande importatore e riciclatore mondiale di rottami metallici, plastica e carta, notificò all'Organizzazione mondiale del commercio che intendeva fortemente limitare le importazioni di 24 tipi di rottami, che il ministero dell'ambiente definiva "spazzatura straniera," "entro la fine dell'anno."

Immediatamente, organizzazioni come l'Institute of Scrap Recycling Industries e il Bureau of International Recycling hanno avvertito che l'azione della Cina avrebbe causato perdite di posti di lavoro, chiuso molte strutture di riciclaggio degli Stati Uniti e inviato più rifiuti alle discariche (vedi Panico nel mercato internazionale dei rottami).

Queste preoccupazioni non sono infondate. I mercati globali del riciclaggio sono facilmente soggetti a perturbazioni, e i paesi sviluppati hanno investito meno di quanto dovuto in infrastrutture di riciclaggio per anni, proprio a causa della fame cinese di materie prime e della tolleranza sulla contaminazione.

Pechino ha recepito queste preoccupazioni ritardando l'implementazione di alcuni mesi e alleviando i suoi rigorosi limiti di contaminazione (vedi Cina: soglie più ragionevoli, ma non troppo), ma il piano continua a inviare ondate di shock nel settore del riciclo mondiale.

L'azione della Cina potrebbe rimodellare un segmento trascurato ma critico dell'economia globale: i flussi transfrontalieri di rottame che stanno alla base dei mercati di riciclo in tutto il mondo.

Le esportazioni di rottami verso la Cina sono decollate nei primi anni 2000 in seguito all'eliminazione delle restrizioni commerciali. Nel 2012 la Cina ha ricevuto quasi la metà di tutti i rifiuti di plastica che gli americani hanno inviato all'estero per il riciclaggio e circa un terzo delle esportazioni di rifiuti di plastica dell'Unione europea. Secondo uno studio del 2014, la Cina ha ricevuto il 56% in peso delle esportazioni totali di plastica.

Questo commercio è giustificato economicamente: la spedizione è a buon mercato, le navi da carico trasportano merci dalla Cina verso paesi occidentali e rientrano cariche di scorie, un processo che i trasportatori chiamano 'rientro', nel senso che tornare vuoti agli spedizionieri costerebbe poco meno, per cui le tariffe per il rientro sono particolarmente incoraggianti.

Le industrie in forte espansione della Cina si trovano vicino ai principali porti e hanno fame di plastica (che la nazione ancora non produce), quindi pagano volentieri rottame importato di alta qualità per il riutilizzo. Per i raccoglitori di rifiuti con sede negli Stati Uniti, vendere rottame a un broker per essere spedito in Cina è più economico che spedirlo a strutture di riciclaggio locali.

I rottami di plastica sono particolarmente problematici. Hanno un basso valore economico e sono difficili da riciclare (vedi Una tassa sulla plastica?). Si decompongono molto lentamente nell'ambiente, come dimostra l'accumulo di detriti di plastica negli oceani del mondo.

Le informazioni sul destino dei rottami di plastica una volta arrivati ​​in Cina sono approssimative e le statistiche disponibili sono incoerenti. Il tasso di riciclaggio delle materie plastiche in Cina nel 2013 è stato del 22 % circa. Questa cifra, che rappresenta circa 13,6 milioni di tonnellate in valore assoluto, include rottame internazionale e nazionale ed è molto più alta che negli Stati Uniti, che hanno una media di circa il 9 % all'anno, ma inferiore a quella dell'Europa, con il suo 30 %.

Tuttavia, questo significa che gran parte della plastica di scarto spedita in Cina non viene riciclata, o viene riciclata in condizioni pericolose. Le organizzazioni non governative e altri osservatori hanno espresso preoccupazione per la quantità di questi rottami importati, specialmente se contaminati o di bassa qualità, che vengono spediti verso inceneritori non tecnicamente ineccepibili, per il recupero di energia oppure finiscono negli oceani.

Per essere riciclate, le balle di scorie devono essere pulite, prive di contaminanti e cernite per tipo di materiale. Il governo cinese è intervenuto due volte con ondate di ispezioni verificando il non rispetto delle regole su plastica e carta riciclata. In un'iniziativa del 2013 intitolata Green Fence, la Cina rimandò indietro scarti di bassa qualità a spese degli esportatori, costringendoli a prestare maggiore attenzione alla qualità. Il risultato fu che i rottami furono deviati verso altri porti per la pulizia, la cernita o l'eventuale smaltimento. Vietnam e Malesia videro forti impennate nelle importazioni di rottami di plastica. Nel marzo 2017 lanciò l'operazione National Sword, aumentando ulteriormente le ispezioni delle spedizioni in arrivo, che poi determinarono la lettera all'OMC a luglio.

I governanti cinesi nutrono reale preoccupazione per la crisi ambientale della nazione e il suo ruolo di "discarica del mondo." Il cineasta Wang Jiuliang, con un documentario del 2016, "Plastic China" (vedi La Cina di plastica), narra la storia di una bambina di 11 anni che vive e lavora con la sua famiglia in un laboratorio di riciclaggio di plastica, e che non va a scuola. Il film è stato rapidamente cancellato dalla rete internet cinese.

Pechino sta lavorando per sostituire il settore informale del riciclaggio in Cina con "parchi eco-industriali" più puliti e ad alta tecnologia. Tuttavia, le autorità locali nei porti d'ingresso, che si erano già fortemente opposte a Green Fence, accusato di ridurre le entrate delle imprese locali, minacciano di resistere al divieto degli scarti. Si presume che la polizia avrà problemi a bloccare la spazzatura di contrabbando.

Alcuni osservatori, come il giornalista Adam Minter, pensano che le restrizioni sugli scarti potrebbero ritorcersi contro la stessa Cina. Dal loro punto di vista, gli alti tassi di riciclaggio della Cina, fino al 70 % per la carta, evitano la deforestazione, l'estrazione di minerali e l'uso di combustibili fossili. Gli scarti prodotti in Cina, che nei piani governativi dovrebbero sostituire quelli esteri, sono in genere di gran lunga inferiori per qualità, ed è probabile che siano più inquinati.

Non sono mancate concessioni da parte del governo: da luglio Pechino ha ritardato la data di inizio delle restrizioni sugli scarti fino a marzo 2018 e ha aumentato il livello massimo di contaminazione per plastica e altri scarti dallo 0,3% allo 0,5%, pur ancora molto al di sotto dei normali standard commerciali globali. Sotto Green Fence, le autorità permettevano una contaminazione fino all'1,5 %, ed erano problemi.

Sebbene l'industria del rottame globale stia protestando vivacemente, le azioni della Cina stanno costringendo le nazioni industrializzate a riconsiderare la loro dipendenza dallo smaltimento all'estero. Nella sua relazione annuale sull'infrastruttura del 2017, l'American Society of Civil Engineers ha criticato il settore dei rifiuti solidi degli Stati Uniti per non aver innovato e migliorato i tassi di riciclaggio. L'EuRIC (Confederazione europea delle industrie di riciclaggio) ammette i lauti guadagni ottenuti finora, ma chiede agli operatori della carta europei di prendere il destino nelle proprie mani (vedi Cina: effetti delle restrizioni sulla carta).

Gli Stati Uniti non hanno costruito strutture per il riciclaggio delle materie plastiche dal 2003, e pochissimi dei suoi impianti esistenti sono in grado di elaborare in modo economicamente conveniente le plastiche post-consumo più difficili da riciclare, spesso sporche. L'Europa è più virtuosa, ma anche qui la maggior parte della plastica residua finisce nelle discariche e negli oceani. Le mosse sono già in corso per migliorare la capacità degli impianti, ma ci vorranno anni per implementarle.

Il riciclaggio richiede mercati forti e stabili per i rottami e le merci riciclate. Se la Cina chiuderà il suo mercato del rottame, le nazioni dirotteranno la plastica verso altre nazioni ancora meno attrezzate per riciclarla e riutilizzarla, che invieranno più plastica nelle discariche e nell'ambiente.

La produzione di massa di bioplastiche è una soluzione a lungo termine, ma solo a determinate condizioni (vedi Magica bioplastica). Per ora, entità come il Closed Loop Fund, che sostiene la ricerca su tecnologie e iniziative per costruire un'economia circolare, stanno lavorando per aumentare le infrastrutture di riciclaggio. Altre priorità sono l'espansione dei mercati per i prodotti riciclati e il miglioramento dell'educazione dei consumatori.

In conclusione,la prospettiva di perdere la Cina come consumatore di rottame occidentale potrebbe e dovrebbe spronare le nazioni industrializzate ad assumersi maggiori responsabilità per i rifiuti che generano.