Nel paese dei più grandi inquinatori di plastica del mondo, la montagna dell'emergenza, tra inquinamento oceanico e divieti cinesi all'importazione, ha partorito un topolino. Poco coraggio e il caro e vecchio appello alle iniziative delle imprese.

Il piano venticinquennale non è sorretto da un apparato legislativo serio, si limita solo allo stimolo. E non si fa cenno a interventi veramente risolutivi, come il vuoto a rendere.

Il tanto atteso piano ambientale venticinquennale del ministero dell'ambiente britannico, è stato annunciato in pompa magna dal primo ministro Theresa May, ma la maggior parte delle politiche in materia di rifiuti e riciclo non sono sostenute da proposte legislative.

Il piano si concentra molto sulla gestione della plastica. Ha ribadito l'impegno a eliminare progressivamente i rifiuti plastici "evitabili" laddove sia tecnicamente, ambientalmente ed economicamente praticabile. Non ci sono dettagli su come questo obbiettivo possa essere raggiunto.

Come annunciato in precedenza, Theresa May ha dichiarato che quest'anno sarà lanciata una consultazione su una tassa sulla plastica monouso. Tutti i materiali di consumo in plastica monouso verranno aboliti dagli uffici pubblici.

Gli impegni assunti comprendono la riforma del certificato di riciclo degli imballaggi (packaging recovery note - PRN) e l'estensione della responsabilità del produttore ai prodotti in plastica non attualmente coperti dai regimi esistenti.

Tutto sommato pare una riforma assai poco coraggiosa e non sufficiente ad affrontare l'emergenza in atto. La proposta di estensione della tariffa del sacchetto di plastica da 5p anche ai piccoli rivenditori (una lacuna delle norme entrate in vigore nel 2015) potrebbe basarsi su impegni volontari piuttosto che su un'imposizione legislativa.

Il piano, inoltre, non fa alcun riferimento diretto ai sistemi di deposito con cauzione, il cosiddetto 'vuoto a rendere', nonostante il ministro dell'ambiente Michael Gove avesse condotto una consultazione di sette settimane proprio sul vuoto a rendere lo scorso anno.

Interrogata sulla mancanza di progetti di legge, May ha dichiarato che si tratta di un piano "di stimolo" e ha sottolineato il successo del governo nel mettere al bando le microsfere e nell'implementare la tariffa del sacchetto a 5p. Si è inoltre difesa dalle accuse secondo cui l'attenzione per i rifiuti in plastica fosse quella di attrarre i giovani elettori.

May ha detto: "Questo è un problema che esamino da tempo. Sono stata anche ministra dell'ambiente ombra, quindi non è niente di nuovo per me."

Sulla questione del vuoto a rendere sulle bottiglie di plastica, vera lacuna del suo piano, May sostiene che stanno ancora decidendo quale sia il modo migliore per intervenire. L'eterna questione se sia meglio riciclare o riutilizzare. Una questione cui la realtà dei fatti ha già dato la soluzione definitiva (vedi Germania: leggi più permissive sul riutilizzo delle bottiglie).

Le associazioni ambientaliste sono deluse: molte delle misure delineate sono troppo concentrate sulla buona volontà dei consumatori. Un'economia veramente circolare può fuunzionare solo quando c'è una forte domanda di materiali riciclati. I governi, in particolare quello dell'inquinantissima Gran Bretagna (vedi La Gran Bretagna sommersa dalle bottiglie di plastica), dovrebbero promuovere mercati per i materiali riciclati.

Qualche voce a favore però c'è: l'associazione Chartered Institution of Wastes Management, tramite il direttore Colin Church, ha dichiarato: "Stiamo vedendo un cambiamento radicale nell'approccio del governo alla politica sui rifiuti e sulle risorse, e il CIWM accoglie con favore la gamma di proposte e impegni stabiliti nel piano."

Aldilà delle dichiarazioni filo-governative, la sensazione è quella di una serie di impegni fortemente inferiori a quelli presi dal governo scozzese, vedi Scozia: ritorno al deposito con cauzione. Sarà la prova dei fatti a stabilire chi avrà avuto ragione.