Il piccolo crostaceo alla base dalla catena alimentare marina modifica le dimensioni della plastica. Non è una buona notizia.

Una nuova ricerca ha scoperto che il krill è in grado di modificare le dimensioni della plastica.

I krill sono crostacei, una specie chiave dell'ecosistema antartico e, in termini di biomassa, probabilmente la specie animale più abbondante sul pianeta (approssimativamente 500 milioni di tonnellate).

Le microplastiche, come abbiamo scritto in diversi articoli, visibili nello spazio dei correlati qui a fianco, sono piccoli pezzi di plastica di dimensioni inferiori ai 5 millimetri e che risultano dannosi per l'ecologia marina. Per nanoplastica, invece, si intende un materiale formato da particelle notevolmente più piccole.

Secondo lo studio, i risultati dimostrerebbero un serio impatto sull'ecosistema. Colpevole di questo processo sarebbe proprio il krill, il crostaceo alla base della catena alimentare. Per questa sua caratteristica, le sostanze ingerite dal krill si trovano in altre specie marine, rischiando di raggiungere le nostre tavole.

Secondo la ricerca, il krill sarebbe capace di scomporre in parte le microsfere di polietilene e formare nanoparticelle. Frammenti molto piccoli di materiale hanno la possibilità di interferire con il corretto funzionamento cellulare di un organismo. In particolare, secondo lo studio, il krill può scomporre sfere di polietilene da 31,5 micron in frammenti con diametro inferiore a un micron.

La dott.ssa Amanda Dawson, coautrice dello studio, afferma che è probabile che le microplastiche nell'oceano siano ancora più facili da digerire perché sono già state degradate dalle radiazioni UV.

Entro cinque giorni in un ambiente privo di plastica, tuttavia, tutte le materie plastiche abbandonano i krill, questo è un buon segno, perché scongiura il pericolo dell'accumulo, specie negli animali più in alto nella catena alimentare, come noi umani e le balene.

I frammenti digeriti sono però in media il 78% più piccoli dei frammenti originali, in alcuni casi fino al 94% più piccoli. Le materie plastiche ingerite vengono scomposte dal mulino gastrico dell'animale, che funziona come un mortaio con pestello.

Forse non si tratta di una notizia catastrofica, ma di sicuro non è positiva: "Sfortunatamente," afferma Amanda Dawson, "è improbabile che krill sia una soluzione ai problemi di plastica e microplastica che inquinano gli oceani."

Uno studio dell'Università di Newcastle nel mese di dicembre aveva trovato microplastiche nello stomaco di creature di acque profonde provenienti da 11 km sotto il livello del mare nell'Oceano Pacifico.

Le microplastiche digerite dal krill sono troppo piccole per essere rilevate nella maggior parte dei sondaggi oceanici di plastica, il che significa che il livello di microplastiche nell'oceano potrebbe essere superiore a quello attualmente ipotizzato.

Per capire se sono pericolose o meno, abbiamo bisogno di imparare di più su come le microplastiche interagiscono con l'ambiente.

Un'analisi mondiale condotta dall'Università di Plymouth, lo scorso anno, aveva rilevato che i rifiuti di plastica erano così alti da minacciare una "contaminazione quasi permanente dell'ambiente naturale."