Le forze armate di vari paesi sono impiegate nella gestione dell'ambiente. Dobbiamo considerarlo un uso oculato di manodopera spesso inutile, oppure il tentativo di riabilitare l'immagine del potere militare?

La coesistenza di siti militarizzati con zone di protezione ambientale, è ormai all'ordine del giorno. Le organizzazioni militari assumono sempre più un ruolo centrale nella conservazione del territorio naturale. Gli esempi delle isole Chagos, della Corea e del monte Mamaor.

In tutto il mondo, le forze armate sono state parzialmente coinvolte nella gestione dell'ambiente naturale. A prima vista, si tratta di uno sviluppo enigmatico. Proteggere le piante e gli animali dalle depredazioni del genere umano non è un lavoro che la maggior parte della gente si aspetta da donne e uomini in uniforme. Eppure la coesistenza di siti militarizzati con zone di protezione ambientale è ormai all'ordine del giorno, con le organizzazioni militari che assumono sempre più un ruolo nella conservazione del mondo naturale, almeno nominalmente. Come e perché è avvenuto questo cambiamento? E per chi sono i benefici e le spese?

Forse da nessuna parte l'improbabile alleanza tra militarismo e ambientalismo è più pronunciata che nell'arcipelago di Chagos, formato da circa 60 minuscole isolette nell'Oceano Indiano centrale. Anticamente governata dall'Impero britannico come parte della Colonia di Mauritius, nel 1965 le isole Chagos si trasformarono in una nuova colonia, il Territorio britannico dell'Oceano Indiano. A quel tempo, le isole ospitavano circa 1.500 isolani indigeni. In soli otto anni, tuttavia, le autorità coloniali di Londra svuotarono l'intero territorio dei suoi abitanti nativi allo scopo di aprire la strada a una base militare statunitense sull'isola più grande, Diego Garcia. L'obiettivo era quello di occupare permanentemente l'arcipelago.

Fin dall'espulsione dei nativi chagossiani, l'arcipelago di Chagos è stato un sito contestato. Per i Chagossiani, naturalmente, le isole sono una patria perduta; gli isolani sono stati instancabili nei loro sforzi politici e legali per ottenere il ripristino del loro diritto al ritorno. Per la Gran Bretagna e il governo degli Stati Uniti, d'altro canto, le Isole Chagos sono una risorsa militare vitale, il sito di una delle più importanti basi navali del mondo, apprezzata per la sua posizione strategica.

Nell'ultimo decennio, tuttavia, una nuova categoria ha preso a cuore le isole Chagos: scienziati ambientali e ambientalisti. Per questi gruppi, Chagos è un ambiente naturale "quasi incontaminato" e un "rifugio sicuro" per la fauna in via di estinzione.

Diego Garcia è l'unica isola dell'Arcipelago Chagos ad essere stata abitata stabilmente negli ultimi 50 anni. Per questo l'ambiente marino circostante di Chagos ha avuto la possibilità di prosperare senza "impatti antropocentrici". Le barriere coralline, pesci, tartarughe, rare specie di uccelli e altro ancora sono riusciti a prosperare all'ombra della base militare.

Nel 2008, un gruppo di scienziati coinvolti nello studio dell'ambiente marino di Chagos, ha unito le forze con una serie di gruppi ambientalisti per spingere alla creazione di un'area marina protetta (MPA) a Chagos. Con poche eccezioni, i principali gruppi chagossiani si opposero a questa particolare forma di MPA, considerandola un ulteriore ostacolo al loro eventuale reinsediamento delle isole.

Il governo britannico si schierò dalla parte degli ambientalisti e annunciò la creazione di una forte MPA per coprire l'intero territorio dell'Oceano Indiano britannico, fatta eccezione per una piccola area che circondava l'isola di Diego Garcia.

L'annuncio, molto discutibile dal punto di vista del diritto internazionale, fu fatto senza tenere conto delle proteste arrivate dalle isole Mauritius.

Molti, anche se non tutti, gruppi ambientalisti accolsero con favore la proposta dell'MPA. Greenpeace, per esempio, appoggiò la scelta, pur avendo in precedenza aveva dato il suo pieno sostegno alla difficile situazione degli isolani.

Per Londra e Washington, il vantaggio è chiaro. Invece di passare alla storia come il sito di una pulizia etnica storica, le isole Chagos sono ora conosciute come un ambiente naturale "incontaminato", protetto dalle basi militari. I più grandi perdenti di questo accordo sono i Chagossiani.

Naturalmente, è curioso che organizzazioni militari, sicuramente tra i custodi meno affidabili dell'ambiente naturale, possano fregiarsi del ruolo di paladini della natura selvaggia.

Nella speranza che le organizzazioni ambientaliste non debbano presto pentirsi di aver appoggiato questo colpo di stato, val la pena ricordare che la guerra (specie quella 'fredda') è spesso causa di conservazione di ambienti naturali. Un esempio è quello della zona che divide le due Coree (vedi articolo DMZ su bioimita).

Un altro esempio è il Monte Mamaor, un'area verde che conserva al proprio interno un patrimonio naturale ricco di biodiversità, in provincia di Verona. Essa deve la propria caratteristica di grande naturalità al fatto che è stata per 100 anni sede inviolabile e segreta di una base militare dismessa solo recentemente, nel 2001.

I militari hanno involontariamente lasciato un ricco e delicato ecosistema e ambienti naturali (costituiti da boschi alternati a prati aridi), che in altre zone circostanti sono stati persi a causa dell'agricoltura e dell'urbanizzazione. Al suo interno sono conservate importanti specie vegetali e animali, oltre che un ricco sottobosco.

Paradossale che per questo ben di Dio si debba ringraziare l'esercito italiano.