Uno studio calcola l'impatto prospettico sul clima del settore ITC nel 2040. Sproporzionato principalmente a causa del ritmo di sostituzione degli smartphone.

L'industria delle telecomunicazioni, in assenza di leggi lungimiranti, entro il 2040 rappresenterà la metà dell'intero settore dei trasporti in tutto il mondo.

Secondo una ricerca effettuata da Lotfi Belkhir, professore associato di impresa e innovazione presso la W Booth School of Engineering Practice Technology, in collaborazione con Ahmed Elmeligi, neo-laureato presso la stessa università, l'impronta di carbonio globale dell'industria globale delle TIC, compreso il contributo dei principali dispositivi di consumo, nel 2040 potrebbero contribuire al riscaldamento globale per una quota sproporzionata, più della metà dell'attuale contributo dell'intero settore dei trasporti.

Lo studio ha esaminato l'impatto sull'ambiente dei dispositivi di consumo, come smarphone, laptop, tablet, computer, data center e reti comunicative nate a partire dal 2005. I risultati hanno evidenziato che le ICT hanno un impatto molto più grande sulle emissioni di carbonio di quanto si pensasse prima e che la maggior parte delle emissioni proviene dalla produzione di nuovi dispositivi.

Il professor Belkhir ha dichiarato che è stata scoperto che l'industria dell'ICT è in continua crescita, e se continua in questa scia entro il 2040 rappresenterà il 14% delle emissioni globali, o comunque la metà dell'intero settore dei trasporti in tutto il mondo.

Ogni SMS, ogni chiamata, video caricato o scaricato, genera un flusso di dati che coinvolge il dispositivo target, ma anche un data center e tutta l'infrastruttura di trasporto dei dati, spesso trans-continentale. Quindi, per quanto irrisorio sia il consumo di energia per un singolo bit di dati, il numero spropositato di trasmissioni, spesso per futili motivi, genera un consumo non indifferente di energia, in gran parte ancora generata da combustibili fossili. Un consumo energetico sensibile, anche se non lo vediamo.

Secondo lo studio, entro il 2020 avverrà il sorpasso degli smartphone ai danni dei computer in qualità di dispositivi complessivamente più energivori. Questi dispositivi consumano sicuramente poca energia per funzionare, ma l'85% dell'impatto delle emissioni degli smartphone arriva dalla produzione stessa.

Microprocessore e scheda madre di uno smarphone richiedono la maggior quantità di energia per essere prodotti, in quanto sono formati da metalli preziosi estratti ad un costo molto elevato (vedi L'iPhone e i suoi 34 chili di roccia e I veri costi del cobalto).

È un guaio piuttosto grosso, considerando il fatto che gli smartphone hanno vita breve, e i produttori, nonostante si facciano belli di false iniziative verdi, sono i primi a spingere verso l'obsolescenza programmata (vedi La riparazione impossibile), costringendo in pratica a sostituire il dispositivo almeno ogni due anni.

Fatte queste considerazioni, è evidente quanto siano ininfluenti le iniziative dei colossi del web per usare energie rinnovabili nei loro data center (vedi Greenwashing 2.0), tanto sbandierate da Google, Facebook e compagnia. È invece necessaria una nuova politica sulle sostituzioni, ostacolando con leggi e disincentivi ciò che il mercato sta invece favorendo con ogni sforzo possibile.