Ancora tegole dagli studi sugli effetti climatici dei combustibili fossili: in fase di estrazione, in termini di gas-serra, inquinano più di quanto pensassimo, a causa delle perdite di gas metano non combusto. Allo studio nuovi palliativi tecnologici.

Le perdite di metano non bruciato in estrazione e distribuzione sono maggiori di quanto precedentemente calcolato, portando molto più in alto l'impatto climatico di questo combustibile. Secondo l'industria del gas, sofisticate tecnologie di IoT (Internet of Things) potrebbero risolvere il problema, ma probabilmente è solo fuffa.

Le emissioni di metano e gas derivanti dalla produzione di petrolio e gas sono probabilmente superiori del 63% rispetto a quanto si credesse, secondo un nuovo studio pubblicato su Science. La discrepanza tra 'previsto' e 'reale' nasce dal modo in cui le perdite di metano vengono identificate e misurate, di solito a intervalli determinati e su parti di apparecchiature specifiche, mentre manca la rilevazione nell'impianto nel suo insieme. Da questo presupposto, nasce la conseguenza che le perdite accidentali tendono a non essere rilevate.

Lo studio, condotto dal Fondo per la difesa ambientale (Environmental Defense Fund - EDF) e da 15 università partner, individua una situazione complicata da gestire. Il gas naturale, a regime, ha una combustione più pulita rispetto al carbone, residuando più acqua e meno CO2 e altri contaminanti. Il risultato è un impatto minore sull'atmosfera. Purtroppo, però, il metano che viene rilasciato e non bruciato in fase di estrazione è gravemente dannoso per l'ambiente, essendo un gas serra molto più potente rispetto alla famigerata CO2. Rilasciato tal quale nell'atmosfera, il metano intrappola il calore con un'efficienza 23 volte superiore a quella della CO2, pur essendo il suo ciclo più breve, anche se comunque piuttosto consistente: fra i 10 e i 15 anni.

I ricercatori stimano che la produzione statunitense di gas naturale, che avviene molto spesso tramite le controverse tecniche di fratturazione idraulica (fracking), rilasci una quantità di metano equivalente al 2,3% della produzione nazionale lorda di gas naturale USA, rispetto all'1,4% che l'EPA aveva precedentemente quantificato.

Il problema è piuttosto serio, visto che, secondo uno studio del 2017, se le perdite di gas naturale raggiungessero il 4% della produzione lorda di gas naturale, l'effetto serra complessivo diventerebbe peggiore della combustione del carbone, dal punto di vista del clima.

Il fracking fa acqua da tutte le parti (letteralmente): abbiamo esaminato su queste pagine numerose criticità riguardanti questa discussa pratica (vedi Fracking: come arricchire perdendo miliardi, Ancora sul fracking, Fracking: chi paga per le bonifiche, In arrivo il fracking 2.0). Come si comportano le compagnie petrolifere quando sono in difficoltà dal punto di vista dell'immagine dei propri processi industriali? Utilizzando qualche salvifica tecnologia. È proprio quello che fanno oggi: per limitare il metano perduto (che, non dimentichiamo, per loro è un mancato guadagno) per un valore di circa 2 miliardi di dollari l'anno, si fa appello esplicito alla tecnologia e ai "big data."

"Un giorno, in un futuro non troppo lontano, le raffinerie di petrolio, gli impianti chimici, i pozzi di gas naturale e altri siti industriali saranno completamente cablati", scrive la direttrice delle iniziative strategiche dell'EDF, Beth Trask. "Una rete di sensori rileverà un inquinante nocivo nel momento in cui si verificherà una perdita, e in pochi minuti verrà impiegata una squadra di manutenzione per completare la riparazione."

Trask cita l'esempio dalla Pennsylvania: i funzionari statali avevano appreso che l'inquinamento proveniente dai pozzi di petrolio e gas era significativamente più alto di quanto era stato riferito. I dati provenienti dai sensori e dai metodi di monitoraggio mobile, associati alla ricerca peer-reviewed, hanno portato a un nuovo algoritmo per la stima delle emissioni totali e degli strumenti per identificare i modi per ridurre le emissioni.

Una delle migliori armi retoriche della tecnologia salvifica è confondere il monitoraggio di un problema con la sua soluzione: una prova sono i milioni di telecamere installate in ogni dove, che non si sa per quale motivo dovrebbero farci sentire più sicuri. L'industria dal gas, attraverso un'ONG molto vicina come EDF, non si sottrae a questa mistificazione, e dà per risolto un problema tecnico come quello delle perdite, attraverso tecnologie di monitoraggio, come il cablaggio e i "big data". Ma se il costo dell'adeguamento degli impianti non ne consente la competitività sul mercato, già oggi abbastanza traballante, dubitiamo che verranno effettuati investimenti sufficienti.

L'industria del gas è un po' più ottimista, e sostiene che potrebbe ridurre le sue emissioni di metano del 75%, passando dall'attuale 2,3% rispetto alla produzione lorda di gas naturale a un ben più tranquillizzante 0,6%, coprendo due terzi dell'investimento col recupero del gas risparmiato. Speriamo che non siano previsioni troppo ottimistiche.