La fine dei combustibili fossili è già scritta, Parigi o non Parigi. Con l'uscita da COP21 gli USA perdono il treno delle rinnovabili. Europa e Cina si stanno già fregando le mani.

L'uscita degli USA dagli accordi di Parigi peggiora la coesione internazionale contro i gas serra, già fragile di suo. Ma il vero portato della decisione di Trump è la perdita di centralità degli USA nel cruciale settore energetico.

Secondo alcuni analisti, l'annuncio dell'uscita degli Stati Uniti dall'Accordo di Parigi è una decisione che creerà enormi profitti per l'industria dei combustibili fossili e enormi costi per tutto il pianeta, soprattutto per i paesi e le popolazioni più povere e più vulnerabili. Ma a un'analisi più approfondita, le cose non sembrano essere così semplici.

La goffa mossa del platinato dimostra la vulnerabilità dell'accordo, che richiede molti anni per essere attuato, durante i quali la possibilità che qualcosa vada storto è elevatissima. Gli strumenti e i meccanismi per una risposta globale alle sfide planetarie non sono ancora abbastanza forti, e la tentazione di far valere i propri interessi di breve periodo sarà per tutti irresistibile.

La decisione è anche un chiaro segno del divorzio tra la politica americana e la scienza, ma anche tra la politica americana e il senno. In un mondo perfetto, l'opinione degli scienziati dovrebbe essere al centro delle politiche. In quello in cui ci troviamo a vivere, le decisioni sono prese in spregio alla scienza da un immobiliarista donnaiolo e volgare.

Le reazioni immediate di 61 Sindaci degli Stati Uniti e di 3 Stati, confermano comunque che il fronte capitanato dal ciuffo biondo è tutt'altro che compatto. Dal punto di vista pratico, il processo dovrebbe seguire le procedure ONU, il che significa che ci vorranno circa quattro anni per il paese di uscire ufficialmente dall'accordo. Tenendo conto che quattro anni è giusto la durata di un mandato presidenziale, è probabile che questa mossa non sia mai completata.

L'accordo è stato progettato per ridurre gli impatti negativi del cambiamento climatico artificiale, un fenomeno concordato dal 97 per cento degli scienziati del clima. 194 paesi hanno firmato il trattato, di cui 153 paesi, tra cui gli Stati Uniti, l'hanno ratificato, essenzialmente accettando di essere vincolati alle sue condizioni.

Già la scorsa settimana, il direttore dell'EPA, l'Agenzia per la protezione dell'ambiente degli Stati Uniti d'America Scott Pruitt, noto negazionista climatico aveva espresso antipatia verso l'accordo del 2015. Ma cosa succederà dopo l'allontanamento degli Stati Uniti dall'accordo di Parigi sui cambiamenti climatici?

Secondo Steve Cohen, direttore esecutivo dell'Istituto per la Terra della Columbia University, a breve termine non dovrebbe cambiare molto: "Parigi o non Parigi, la politica nazionale degli Stati Uniti richiede la riduzione dei gas a effetto serra a causa dell'interpretazione della legge della Corte Suprema del Clean Air Act", ha dichiarato Cohen.

L'Accordo di Parigi fondamentalmente riproduce quello che gli Stati Uniti hanno già accettato di fare a livello nazionale in base al loro interesse nazionale. La modifica di tali impegni richiederebbe una modifica della legge sull'aria pulita (Clean Air Act). Numerosi sondaggi hanno dimostrato che gli americani sostengono le leggi ambientali, ha dichiarato Cohen, "non posso immaginare che un emendamento al Clean Air Act possa uscire dal Senato USA, anche nella sua forma attuale".

Nel frattempo, l'industria sta già attuando le proprie politiche, demolendo in pratica alcuni dei settori più inquinanti. Sono stati il gas naturale e le energie rinnovabili, non il Clean Air Act (che non è ancora entrato in vigore) a uccidere il carbone. Queste stesse forze di mercato stanno spingendo molte aziende, e molti proprietari di case, a ridurre le proprie emissioni di carbonio, perché l'efficienza energetica riduce spesso i costi.

I proclami di Trump e Pruit hanno quindi valenza eminentemente simbolica. Ma simbolico non significa "privo di conseguenze pratiche", perché queste probabilmente ci saranno, anche se non saranno sul clima. "Ridurre l'impegno all'accordo di Parigi, l'impegno verso la transizione verso l'energia rinnovabile, è un atto di suicidio economico per gli Stati Uniti", ha dichiarato Cohen. "Quello che accadrà, in definitiva, è ridurre il potere degli USA nel resto del mondo. Se l'America esce da Parigi, saranno la Cina e l'Europa a vendere energia rinnovabile in Africa e nel resto del mondo."

Ecco la vera preoccupazione degli analisti USA e delle multinazionali di cui sono consulenti: non è il clima a essere in pericolo, quello ce lo siamo probabilmente giocati da tempo, ma il potere economico delle aziende USA. Se il mondo si sta muovendo verso l'energia rinnovabile e l'aumento dell'efficienza energetica, non si può pensare di prosperare vendendo carbone e petrolio e le tecnologie a questi collegate.

I sistemi di produzione di energia basati sul fossile stanno perdendo sempre più importanza, anche trascurando i loro impatti ambientali. I combustibili fossili non sono solo cattivi per noi e per l'ambiente: sono tecnologicamente finiti (e in via di esaurimento anche fisicamente), sempre più deboli e inefficaci in un'epoca affamata di energia elettrica. Investire in queste industrie oggi non ha senso.

"Chi è veramente interessato allo sviluppo economico, alla crescita economica, non deve restare tecnologicamente indietro di cinquant'anni, cercando di resuscitare un'energia che comunque sta morendo", continua lo scatenato Cohen. "Non stiamo parlando solo di carbone. I combustibili fossili nel loro insieme costituiranno una quota decrescente del mix energetico. Ricordo che AT&T originariamente stava per American Telephone & Telegraph. Beh, dopo un po' hanno smesso di investire sul telegrafo."

Già oggi negli USA ci sono più posti di lavoro nel vento (85.000) che nel carbone (55.000) e oltre 200.000 americani lavorano nel settore solare: c'è più gente che lavora nelle energie rinnovabili che nel combustibile e nel gas naturale combinati, secondo un rapporto del Dipartimento dell'energia pubblicato all'inizio di quest'anno.

Uscire da Parigi significa uscire dal settore energetico più innovativo e profittevole del prossimo futuro. Europa e Cina si stanno già fregando le mani.