La maggior parte dei rifiuti elettronici finisce in discarica o negli inceneritori. I giganti tecnologici, che in questi giorni hanno mostrato la loro mercanzia a Barcellona, si guardano bene dall'affrontare questo problema.

I rifiuti elettronici smaltiti illegalmente sono il 90%. Secondo il direttore di Basel Action Network, Jim Puckett, sono necessari cambiamenti sistematici nel settore.

Alla fiera mondiale degli smartphone che si svolge annualmente a Barcellona, i giganti tecnologici hanno esposto i nuovi nati, come il nuovo scanner per le impronte digitali di BlackBerry, l'auricolare virtuale di Samsung, e anche ritorni come il rilancio del Nokia 3310.

Ma dietro a tutto questo, c'è una storia meno glamour che naturalmente non hanno avuto il coraggio di affrontare: il destino dei loro ex-gioielli una volta terminato il loro ciclo di vita.

La settimana scorsa, Greenpeace ha interrotto una conferenza stampa di Samsung in segno di protesta per la mancata creazione di un piano di riciclaggio per i 4,3 milioni di tonnellate del famoso Galaxy Note 7 ritirate del mercato, ricordando i numerosi incendi da esso causati.

A questo proposito, un portavoce di Samsung ha affermato che la società sta lavorando in su un piano di smaltimento responsabile per contribuire alla salvaguardia ambientale.

Ma se i cumuli di Galaxy Note 7 hanno lo stesso destino di tutti i dispositivi elettronici dove potrebbero finire?

Secondo uno studio dell'Onu, i rifiuti elettronici cestinati sono stati 6 milioni di tonnellate mondiali e solo meno di un sesto sono stati riciclati. Anche nei paesi più sviluppati, dotati di infrastrutture all'avanguardia, i tassi di riciclaggio per gli e-waste sono molto bassi.

Stando a quanto afferma l'Enviromental Protection Agency, gli Stati Uniti ad esempio, hanno riciclato solo il 29% su 4 milioni di tonnellate prodotte nel 2012, mentre il resto viene inviato a discarica o negli inceneritori.

Jim Puckett, direttore esecutivo e fondatore del BAN (Basel Action Network), sostiene che i tassi di riciclaggio degli USA siano abissali. Infatti viene riciclato solo il 5% dei metalli usati nel settore elettronico.

Quando i prodotti vengono inviati a riciclo, una parte finisce all'estero, in Paesi in via di sviluppo come Accra in Ghana e nella parte meridionale della Cina, dove vengono inseriti in ambienti non controllati.

Alcuni dati riportati dalle Nazioni Unite indicano una quantità pari al 90% di rifiuti scaricati illegalmente.

I Paesi in via di sviluppo non hanno bisogno di spazzatura, ma di infrastrutture che possano effettuare un riciclaggio efficiente.

In un recente esperimento, BAN ha posto dei localizzatori GPS su 205 vecchie stampanti e monitor per comprendere il loro destino. Ne abbiamo parlato in Il falso riciclo dei RAEE.

Dei dispositivi consegnati per essere riciclati, il 40% sono stati illegalmente esportati. Un trattamento illegale dei rifiuti elettronici che comporta gravi conseguenze non solo per l'ambiente, ma anche per la salute umana, oltre a scatenare inquinamento atmosferico quando i circuiti si surriscaldano per arrivare ai metalli, inquinamento del suolo, se le sostanze chimiche finiscono sul terreno e infine inquinamento delle acque per colpa delle sostanze tossiche che finiscono in canali sotterranei o nelle fognature.

Il mancato riciclo comporta anche uno spreco di materiali preziosi quali oro, rame e platino. Questo non solo significa che le risorse vengono estratte inutilmente, ma vi è anche uno spreco di denaro per tutte le opportunità di riciclo mancate.

I potenziali ricavi attraverso il riciclaggio dei rifiuti elettronici nel mercato europeo, solo nel 2014 ammontavano a 2 miliardi di euro, secondo quanto stimato dal centro universitario per l'energia e la sostenibilità di Sheffield.

Aziende come Microsoft e Dell stanno tardivamente cercando di affrontare il problema dei rifiuti elettronici entrando in società con organizzazioni che si occupano di vendita o riciclo dei materiali elettronici donati. Solo greenwashing?

Secondo Puckett sono necessari numerosi cambiamenti sistematici. Se si tratta di affrontare l'enorme quantità di e-waste, il progresso arriverà solo tramite incentivi basati sul mercato elettronico di lunga durata.

Un sistema che prevede l'affitto di un apparecchio piuttosto che l'acquisto o la vendita, per esempio, potrebbe incentivare le aziende a rendere i prodotti più duraturi.