In India si prevede di chiudere quasi 100 miniere nei prossimi 2-3 anni. Crollo del prezzo del carbone, scadimento della qualità del materiale estratto, aumento dei salari dei lavoratori sono le cause che hanno colpito la redditività delle miniere. I segni della fine del carbone sono evidenti.

Crollo del prezzo del carbone, scadimento della qualità del materiale estratto, aumento dei salari dei lavoratori hanno colpito la redditività delle miniere indiane. Ma questo è lo specchio di quello che sta succedendo nel mondo. L'impetuosa crescita delle energie rinnovabili ha messo in crisi fonti di energia fossile ben più pulite del carbone. Il destino del carbone è (per fortuna) segnato.

Coal India, l'azienda mineraria statale, nonché principale produttore mondiale di carbone, chiuderà quasi 100 miniere non redditizie nei prossimi due-tre anni. Di queste, 37 chiuderanno quest'anno. L'anno scorso, erano state chiuse più di 15 miniere. Un recente studio ha mostrato che soltanto 15 miniere sono altamente redditizie e altre 90 potrebbero essere rese redditizie dopo una ristrutturazione.

"Con la scuola indiana delle miniere e i colleghi di Singareni Collieries abbiamo tracciato una tabella di marcia per 90 miniere", ha detto un dirigente dell'azienda. "Lo studio ci permetterà fondere tra loro alcuni giacimenti o cambiare il metodo di estrazione in altri".

Secondo i dirigenti, per un'azienda come Coal India, aprire nuove miniere e chiudere quelle non redditizie è un processo continuo. Ma i segni della decadenza sono evidenti: all'inizio dell'attività, la compagnia aveva 750 miniere, ora ne ha 394. Quelle che estraggono carbone di bassa qualità e quelle che producono meno di un milione di tonnellate all'anno sono generalmente considerate da chiudere. "Il costo delle operazioni delle miniere sotterranee è molto elevato", sostiene l'azienda.

Coal India è stata recentemente messa in ginocchio dall'Authority di controllo del carbone in India, che ha declassato il 50% delle sue 394 miniere, il che significa vendere a prezzi più bassi il carbone prodotto rispetto ai ricavi del 2016-17.

"Il declassamento delle miniere ha anche colpito la sostenibilità economica di un gran numero di miniere, che ora sono considerate in chiusura", ha detto un altro dirigente della compagnia. L'aumento dei salari dei lavoratori ha aggiunto ulteriori costi al carbone, che ha colpito la redditività di alcune miniere. Allo stato attuale, oltre il 50% del costo della produzione è costituito (giustamente) dal salario degli operai.

Comprendiamo le dichiarazioni dei dirigenti di Coal India, ma non ci sentiamo di condividerne l'ottica di breve termine. Il downgrade delle miniere deciso dall'Authority è solo lo specchio di quello che sta succedendo nel mondo. L'impetuosa crescita delle energie rinnovabili ha messo in crisi fonti di energia fossile ben più pulite e trasportabili del carbone, come petrolio e gas naturale.

Le difficoltà di estrazione, la combustione ad alto tasso di CO2, le difficoltà di trasporto, immagazzinamento e utilizzo (ricordiamo che stiamo parlando di un combustibile allo stato solido) hanno reso il carbone obsoleto già nel secolo scorso.

Come si vede dal grafico in testa all'articolo, la produzione mondiale ha avuto un picco nel 2014. Non così la produzione indiana (scorrere la freccia verso destra nella gallery), evidenziata dalla linea arancione, che è stata in crescita almeno fino al 2016, però drogata dalla miope politica dello Stato indiano in termini di energia.

Il destino del carbone è per fortuna segnato, e non basteranno i faraonici investimenti pubblici di politici scellerati (come gli attuali governanti indiani, ma non dimentichiamo l'amministrazione Trump) a rilanciarlo.