La Norvegia, forte nel settore petrolchimico, si sforza di passare alle energie rinnovabili. Ma è dura.

Centrali solari galleggianti, città intelligenti: la Norvegia punta sulle rinnovabili, ma il settore petrolchimico rimane la sua più grande industria.

Øyvind Christian Rohn ha trascorso più di due decenni nel settore petrolifero e del gas. Ma oggi il cinquantenne proveniente da Skedsmo, vicino ad Oslo, in Norvegia, intende dedicarsi a una tecnologia da sviluppare in mare aperto, basata sull'energia solare.

La sua startup energetica, Ocean Sun, ha sviluppato una tecnologia che consiste in campi fotovoltaici galleggianti sulla superficie dell'oceano, che trasmettono sulla terraferma l'energia prodotta. Lo spazio fisico è limitato nei centri più popolati, soprattutto nelle aree in forte crescita come il Sud-Est asiatico, e l'idea di Rohn è quella di utilizzare una superficie abbondante, quella degli oceani di tutto il mondo.

Attraverso una borsa di studio concessa da Innovation Norway, un'organizzazione statale per sostenere lo sviluppo dell'industria norvegese, l'azienda sta cercando di ottenere un prodotto da lanciare sul mercato entro quattro anni. Rohn è un po' il simbolo di quella classe di imprenditori norvegesi che si muovono verso l'energia verde provenendo dal petrolio, che non sta passando un buon periodo a causa del calo dei prezzi, e le prospettive non sono affatto buone.

Anche se si aggira ancora intorno all'1% della produzione di energia della Norvegia, secondo l'agenzia di Multiconsult, il settore dell'energia solare è in rapida crescita.
L'istallazione dei pannelli solari è cresciuta del 366% nel 2016. Secondo Rohn il solare sta diventando la soluzione ideale a lungo termine per tutto il mondo, in quanto l'energia è disponibile in abbondanza e i prezzi sono scesi molto rapidamente.

La Norvegia produce già molta energia rinnovabile: secondo Innovation Norway, il 97% dell'energia elettrica prodotta nel paese proviene da fonti rinnovabili, principalmente energia idroelettrica. Ma quando si parla di economia, i prodotti petrolchimici sono ancora ai primi posti: circa la metà delle esportazioni norvegesi sono proprio gas e petrolio.

La riduzione dei ricavi da petrolio greggio, sceso di oltre il 30% nel 2015 secondo l'agenzia di statistiche della Norvegia, è stato quindi un campanello d'allarme.
La nuova tecnologia, a supporto di una urbanizzazione più sostenibile, è un settore che si pensa possa diventare una fonte di export per le imprese del paese.

Numerose aziende importanti del settore dei combustibili fossili, stanno investendo nelle energie rinnovabili. Statoil per esempio, sta testando la tecnologia delle turbine eoliche al largo delle coste del paese. Il costo non è l'unico ostacolo.

Glen Peters, ricercatore senior presso il Centro di Oslo per la ricerca sul clima internazionale, afferma però che non tutti amano le energie rinnovabili. Il petrolio e il gas hanno reso la Norvegia una potenza, molte persone hanno trovato lavoro e ormai è parte della cultura del paese. Gli operatori del settore sono convinti che si possa lavorare in modo da ridurre l'impatto ambientale. E' difficile quindi guardare altrove e verso le alternative. Rohn stesso ritiene che il settore delle energie rinnovabili della Norvegia in futuro coesisterà con i prodotti petrolchimici.