Secondo la multinazionale svizzera, le capsule di caffè monouso non inquinano. Ecco perché è greenwashing.

Grandi campagne marketing, e grandi testate che abboccano. Nestlè punta sulla teoria, ma in pratica le cialde inquinano moltissimo.

Dal 1986, data in cui Nespresso introdusse l'inquietante macchina da caffè monouso, questo tipo di consumo è diventato estremamente popolare. In nome di una presunta comodità istantanea, abbiamo creato una serie di problemi, soprattutto occupazionali e di inquinamento.

La maggior parte delle capsule presenti sul mercato non sono in materiali compostabili: le troviamo in alluminio, in plastica mista e talvolta carta, materiali che richiedono processi di riciclaggio complessi e diversi tra loro. I residui di caffè rendono questi materiali difficili da elaborare negli impianti standard di riciclaggio comunali, per cui tutto finisce, quasi sempre, in discarica, con grave danno ambientale e di risorse.

Un vero peccato, perché i fondi di caffè sono un materiale straordinario nel ciclo organico (vedi Il riuso dei fondi di caffè), come pure lo è l'alluminio, utilizzato massicciamente dal leader mondiale Nespresso. Alle accuse degli ambientalisti l'emanazione della multinazionale svizzera Nestlè si è sempre difesa da par suo, mobilitando la sua impressionante macchina di comunicazione.

Sulle prime Nespresso si è limitata a questioni tecniche, sostenendo che l'alluminio aiuta a mantenere fresco il caffè. Ma evidentemente non bastava. Più recentemente, quindi, è partita l'offensiva ambientalista (vedi Nespresso e il riciclo delle capsule di caffè), con cui la società ha esaltato le (note) caratteristiche di riciclabilità dell'alluminio, annunciando la creazione di 'impianti pilota' in Gran Bretagna, per assicurare la circolarità del suo sistema.

In teoria, dicemmo, anche la plastica è un buon materiale dal punto di vista della riciclabilità, eppure in pratica ci troviamo sommersi di plastica, anche nella pericolosa forma micronizzata che inquina gli oceani. Nel frattempo, ogni giorno l'umanità consuma due miliardi di tazzine di caffè, con una percentuale sempre maggiore di macchinette monouso a cialda: nel 2017, per esempio, in USA si è arrivati al 29 per cento. Questo si traduce in 13 miliardi di capsule all'anno, secondo previsioni ottimistiche.

La risposta di Nespresso non si è fatta attendere, e questa volta fa leva non più sulla riciclabilità teorica, ma sulla capacità di riciclo: alla fine del 2015, sostiene l'azienda, la capacità di raccolta della capsula di Nespresso è stata superiore all'86% in 39 paesi. L'obiettivo è quello di aumentare la capacità al 100 per cento entro il 2020.

I sistemi di riciclaggio in molti paesi, continua l'azienda, non sono attrezzati per separare l'alluminio leggero da altri imballaggi. I piccoli oggetti metallici sono di solito separati da materiali riciclabili misti e poi vengono inviati ad una discarica o inceneriti. L'azienda sta lavorando con le autorità municipali e nazionali di tutto il mondo per aiutarle ad aggiornare i loro processi.

Il coinvolgimento dei consumatori è una parte fondamentale del programma di Nespresso. C'è una rete di punti di raccolta nelle boutique Nespresso, e nei negozi autorizzati alla vendita. C'è un app per smartphone per aiutare i membri del Club Nespresso a individuare il punto di raccolta più vicino a loro per restituire le loro capsule utilizzate.

In Australia, Nespresso ha progettato speciali buste convenzionate con Australia Post in modo che i clienti possano inviare le proprie capsule usate in azienda dagli uffici postali o dalle caselle postali di Australia Post.

Ancora: le macchine Nespresso sono state progettate dal 2009 per risparmiare energia passando ad una modalità stand-by automatica dopo essere inattive per alcuni minuti. Le macchine professionali devono rimanere pronte per essere utilizzate più a lungo, per questo dispongono di un riscaldatore d'acqua isolata, che riduce l'utilizzo di energia del 30 per cento. Tutto ciò ridurrebbe, secondo l'azienda, in maniera drastica l'impronta di CO2 delle loro macchine.

Inutile dire che la comunicazione Nespresso non ci convince. Anzi, appare chiaramente un'operazione di greenwashing. Innanzi tutto, i comunicati parlano di "capacità di riciclo in 39 paesi," con alcun riferimento né a che cosa avvenga negli altri paesi dove le cialde sono distribuite, né soprattutto a quanto ammonti il riciclo effettivo. Come dire: non è colpa nostra se le cose poi non vengono fatte.

Secondo il buonsenso (vedi le cinque erre) il sistema migliore per ridurre il volume di rifiuti è non produrre rifiuti. Le app, le bustine postali, le spie dello standby, i punti di raccolta, sono mezzucci buoni per il marketing. Non occorre essere dei professionisti del riciclo per capire che da lì non sortiranno numeri tali da giustificare la benedizione ambientale di un sistema scellerato come le cialde monouso in alluminio.

Da parte nostra, auspichiamo il ritorno alla moka o all'espresso del bar (sono sempre più numerose le municipalità che vietano le capsule di caffè negli uffici pubblici), ma se proprio non potessimo rinunciare alle monouso, suggeriremmo Le capsule del caffè biodegradabili, molto più adatte a ottimizzare i sistemi di raccolta e riciclo del materiale, preziosissimo, contenuto nelle cialde.