Una squadra di scienziati di Cambridge, guidata da scienziati italiani, in collaborazione con l'istituto biotecnologico della Cantabria (Paesi Baschi) scopre le proprietà eccezionali di alcuni vermi della cera: producono un enzima che demolisce il polietilene.

Una piccola larva può demolire anche la plastica più dura: la scoperta potrebbe creare una soluzione ecologica su scala industriale. Si tratta di larve piuttosto comuni, evolutesi nella capacità di digerire una sostanza tosta come la cera d'api, che abbattono il polietilene più di 1.400 volte più velocemente rispetto ad altri organismi.

La crisi dell'inquinamento globale dei sacchetti di plastica potrebbe essere risolta da un bruco della cera in grado di digerire il materiale a "velocità uniche", ha dichiarato un'equipe scienziati composta anche da italiani.

I ricercatori hanno descritto la capacità di una piccola larva di demolire anche la plastica più dura e hanno dichiarato che la scoperta potrebbe creare una soluzione ecologica su scala industriale. Circa mille miliardi di sacchetti di plastica sono utilizzati in tutto il mondo ogni anno, di cui un numero enorme trova destinazione finale negli oceani o vengono sepolti in discarica. "È estremamente emozionante questa scoperta, perché la rottura della plastica si è dimostrata sempre un compito impegnativo", ha affermato Paolo Bombelli, dell'Università di Cambridge

Si tratta di larve piuttosto comuni (Galleria mellonella) che prosperano negli alveari delle api, spesso usate come esca da pesca. Si sono evolute nella capacità di digerire una sostanza tosta come la cera d'api, e hanno mostrato di poter demolire agevolmente il polietilene, notoriamente difficile da abbattere, più di 1.400 volte più velocemente rispetto ad altri organismi. Gli scienziati credono che la creatura abbia, nella saliva o nell'intestino, enzimi potenti in grado di attaccare i legami chimici della plastica, allo stesso modo in cui digeriscono la cera complessa che si trova negli alveari.

Il potenziale di di queste larve è stato scoperto per caso quando una degli autori del lavoro, la biologa e occasionalmente apicoltrice dilettante Federica Bertocchini, ha ripulito i suoi alveari infestati dalle larve, mettendo temporaneamente i parassiti in una borsa di plastica. Presto ha notato che del sacchetto era rimasto assai poco. Non si tratta di masticazione meccanica, come è stato dimostrato da esperimenti successivi, ma di demolizione enzimatica.

"Se il responsabile di questo processo chimico fosse un solo enzima, la sua riproduzione in larga scala con metodi biotecnologici dovrebbe essere possibile". Lo scenario più probabile è quello in cui gli impianti esistenti di riciclo potrebbero essere adattati a biodegradare la plastica usando l'enzima o gli enzimi appena scoperti. Ma gli enzimi potrebbero essere spruzzati anche direttamente nelle discariche o addirittura nelle piante marine per degradare plastica già dispersa nell'ambiente.

Negli esperimenti di Cambridge, in 12 ore, 92mg di plastica era stata consumata. Tentativi precedenti che utilizzavano batteri avevano riscontrato al massimo 0.13mg di plastica demolita in 24 ore. I ricercatori di Cambridge, insieme ai colleghi dell'Istituto di Biomedicina e Biotecnologia della Cantabria (CSIC), hanno utilizzato l'analisi spettroscopica per mostrare che i legami chimici nella plastica sono stati effettivamente rotti quando esposti alle larve della cera.

Le creature hanno trasformato il polietilene in una sostanza "non legata", il glicole etilenico. Pubblicato nella rivista Current Biology, lo studio afferma che è probabile che la digestione della cera d'api che si trova negli alveari comporti l'abbattimento di simili tipi di legami chimici. La cera d'api su cui crescono i vermi è composto da una ricca varietà di composti tra cui grassi, oli e alcuni ormoni.

Federica Bertocchini, che ha guidato la ricerca presso la CSIC, ha dichiarato: "Stiamo progettando di dare seguito a questa scoperta in modo efficace per sbarazzarsi di rifiuti di plastica, lavorando verso una soluzione per salvare gli oceani, i fiumi e tutto l'ambiente dalle conseguenze inevitabili dell'accumulo di plastica".

Paolo Bombelli ha dichiarato che tutte le iniziative per la biodegradazione di plastica dovrebbero affiancare gli sforzi per impedirne in primo luogo l'uso sconsiderato.