Marketing men e pubblicitari all'attacco per giustificare il greenwashing dei nemici del pianeta. Ma non confondiamo colibrì con piromani.

Audrey Holmes, redattrice del sito di eco-fighetti Earth911, crede nel greenwashing. La sottile patina di verde che ricopre gli ecomostri sarebbe, secondo questa visione, meglio di niente.

Si chiama greenwashing la scellerata pratica di far passare come ecologiche aziende che si sono macchiate dei peggiori crimini ambientali, mettendo in luce azioni marginali svolte con il solo scopo di risollevare l'immagine aziendale. Come se si dipingesse di fresco un edificio cadente, così con un sottile strato metaforico di vernice verde i pubblicitari danno un'immagine eco-sostenibile a un conclamato nemico del pianeta.

Per estensione, chiamiamo greenwashing qualunque tentativo di nobilitare aziende normalissime, non necessariamente eco-criminali, attraverso della banale fuffa mediatica. Sbandierare il riciclo di due milioni di smartphone quando se ne producono 234 milioni l'anno è greenwashing (vedi Il robot di Apple). Vantarsi di usare l'allumino (materiale riciclabile) per le proprie capsule di caffè, quando proprio l'alluminio impedisce qualunque tentativo di recupero delle cialde usate, generando miliardi di pezzi l'anno che diventano rifiuti, è greenwashing (vedi Nespresso si difende). Decine di altri esempi sono disponibili cliccando sulla categoria Greenwatching, rappresentata da una lavatrice, a lato o in fondo a questa pagina.

Inutile dire che la pratica è molto usata dalle aziende, consapevoli dell'utilità di intervenire sull'emotività del consumatore nel commercio dei prodotti. La delirante Audrey Holmes, redattrice del sito di eco-fighetti Earth911, cerca di spiegare perché non tutto il greenwashing viene per nuocere. Lo spunto, anzi il vero scopo del suo pecoreccio intervento, è reclamizzare una ridicola acqua minerale imballata in cartone anziché in plastica.

La quantità di plastica presente in una di queste inutili casse di acqua in cartone, secondo Holmes, è notevolmente inferiore a quella presente in una bottiglia standard monouso. Si ammette che questo tipo di imballaggio non è l'opzione migliore, ma neanche la peggiore.
Quindi, questo prodotto può lentamente e gradualmente educare le persone a prestare attenzione alla sorte del pianeta, tutto sommato facendo pochi danni. È vero che tutti questi imballaggi finiranno in massima parte in discarica (la nostra Holmes è onesta) ma sono riciclati, per cui almeno un ciclo virtuoso è stato completato nel passato.

Il delirio prosegue sostenendo che gli annunci che pubblicizzano prodotti ecologici creano un senso di orgoglio nel consumatore, e questo secondo la blogger dovrebbe essere un bene. Audrey Holmes cerca di far passare la logica che, sebbene esistano dei lati negativi del greenwashing, sia necessario concentrarsi più su quelli positivi. Non serve perseguitare le aziende per le azioni dannose per il pianeta, ma, al contrario, lodare ogni singola azione positiva. Il fatto che gli aspetti negativi superino quelli positivi non turba Holmes.

Volontariamente o meno, Audrey Holmes cerca di giustificare la menzogna mediatica sostenendo che anche le azioni apparentemente insignificanti, come quelle sbandierate dalle multinazionali nelle loro comunicazioni greenwashing, possono salvare il pianeta. È un'operazione di bassa mistificazione, che cerchiamo di spiegare attraverso la metafora del colibrì.

"Un giorno nella foresta scoppiò un incendio. Gli animali scappavano terrorizzati mentre il fuoco distruggeva ogni cosa. Leoni, zebre, elefanti, rinoceronti, gazzelle e tanti altri animali cercavano rifugio nelle acque del grande fiume. Un colibrì si tuffò nelle acque del fiume e, dopo aver preso nel becco una goccia d'acqua, la lasciò cadere sopra la foresta invasa dal fuoco. Incurante degli effetti, il colibrì continuò a tuffarsi per raccogliere ogni volta una goccia d'acqua che lasciava cadere sulle fiamme. A un certo punto il leone lo chiamò e gli chiese: "Cosa stai facendo?" L'uccellino gli rispose: "Faccio la mia parte!"

La nostra blogger confonde (volutamente?) greenwashing con piccoli gesti. Da parte nostra, non abbiamo nulla contro chi si spende per l'ambiente e l'economia circolare, anche con gesti poco concreti e non impattanti. Ma questo vale solo se si è colibrì. Se si ha un'autopompa parcheggiata vicino al fiume, bisogna usarla, non portare acqua sul fuoco usando il becco, e vantarsene. Senza contare che spesso, come nei casi di Apple e Nespresso, il proprietario dell'autopompa è quello che ha provocato l'incendio.