La regione artica è duramente colpita dal riscaldamento globale: sempre meno freddo e ghiaccio marino sempre più sottile.
L'agenzia americana per l'Atmosfera e gli Oceani NOAA ha pubblicato il dossier sull'Artide in cui è stata confermata la tendenza al riscaldamento globale.
La NOAA, l'agenzia americana per l'Atmosfera e gli Oceani, ha divulgato il documento annuale sull'Artico, rilevando la tendenza al riscaldamento globale: è stato osservato che il ghiaccio marino invernale sta diventando sempre più sottile e secondo gli esperti il 2017 sarà il secondo anno più caldo per temperatura media dell'aria dopo il 2016. Secondo la NOAA l'Artico è in una nuova fase in cui si intravede una diminuzione a lungo termine sia dell'estensione che dello spessore della copertura del ghiaccio marino, oltre alla durata della neve invernale e della calotta di ghiaccio della Groenlandia e dei ghiacciai artici.
Nel rapporto Arctic Report Card 2017 quest'anno è stato definito il secondo anno più caldo dopo il 2016 per temperatura media annuale dell'aria dal 1990. L'estensione massima del ghiaccio marino invernale è stata la più bassa fino ad ora mentre lo spessore è sempre più sottile. Anche le temperature della superficie marina sono sopra la media superando i 4°C ad agosto 2017 nei mari di Barents e Chukchi. A partire dal 2003 è stato registrato anche un aumento della proliferazione del plancton nell'artico e la tundra è più verde, come è stato osservato dai satelliti.
Anche i cambiamenti climatici mettono a dura prova i ghiacci dell'Artico, come è stato evidenziato dal rapporto, che mette in luce una situazione che non si verificava dal 1500 e come la fusione dei ghiacci abbia raggiunto livelli molto preoccupanti. Si sta verificando un riscaldamento doppiamente veloce rispetto a quanto accade nel resto del Pianeta, anche se nel 2017 l'aumento delle temperature non si è attestato ai livelli del 2016.
La situazione emersa è quella di un clima in peggioramento, con una discesa rapida del livello dei ghiacci e con un aumento continuo delle temperature. Gli studi dimostrano che i cambiamenti del clima coincidono con l'aumento delle attività dell'uomo, in quanto si registra contemporaneamente all'incremento dell'anidride carbonica.
In alcune zone il permafrost ha raggiunto addirittura lo scongelamento, con conseguenze gravi sugli abitanti delle aree coinvolte, che rischiano di dover migrare verso altre zone, non potendo più avere strati di terreno su cui vivere. L'allarme lanciato dagli studiosi annuncia una situazione pericolosa, in quanto il ghiaccio in questo periodo dovrebbe essere al massimo livello di estensione.
Le analisi consentono di confrontare con il passato: a differenza del 1985 in cui il 45% del ghiaccio era più vecchio e denso, oggi il 79% ha un anno ed è nettamente più sottile.