Contro la mentalità retrograda tipica del settore delle costruzioni, occorre pensare a lungo termine, inserendo con decisione i principi dell'economia circolare.

Qualche consiglio a chi si occupa di progettare, costruire, gestire edifici commerciali e residenziali. Il passaggio all'economia circolare è imprescindibile, chi parte prima potrà ottenere vantaggi competitivi.

C'è un crescente rumore attorno all'economia circolare: se ne parla, si scrivono libri, si svolgono eventi e si spende tempo per capire cosa significa questo argomento. Circola la leggenda che esistano vantaggi economici nell'economia circolare.

Chi fa da sempre il lavoro di raccogliere e riciclare scorie di qualunque genere sa che la convenienza economica si trova altrove. Raccogliere, selezionare, processare le scorie ha un costo (elevato) e delle scale (ridotte) che non sono paragonabili a quelli di chi estrae materie prime pure.

L'economia circolare decollerà (ed è costretta a decollare) quando le autorità politiche si assumeranno il costo maggiore che questo approccio comporta, oppure quando penalizzeranno le attività estrattive portando i loro costi a livello di quelli degli operatori circolari. La società McKinsey prevede che l'adozione di un approccio circolare potrebbe portare 600 miliardi di euro all'economia dell'UE entro il 2030. Se ci mettiamo dentro l'indotto, tale cifra sale a 1,8 miliardi di euro. Sono opportunità di lavoro per qualcuno, ciò significa che qualcun altro dovrà affrontare questi costi.

La sfida è quella di far capire alla collettività che il sistema lineare estrai-produci-consuma-smaltisci non ha futuro, e quindi, per tradurre tutto questo discorso in azioni reali, occorre che l'umanità si faccia carico dei costi relativi. Non esiste alternativa.

L'unica via è ispirarsi agli ecosistemi naturali in cui non ci sono rifiuti, solo nutrienti. L'economia circolare, quindi, ha un forte legame con la bioimitazione. Dobbiamo stabilire come possiamo ottenere il massimo valore dalle cose di cui non abbiamo più bisogno.

Questa sfida deve partire dal settore delle costruzioni, che in vari momenti della storia economica ha assunto il ruolo di motore del cambiamento. Ma, come i prodotti del settore, le mentalità degli operatori sono piuttosto statiche. È evidente che i cambiamenti saranno assunti dai progettisti e dalle imprese, oppure saranno loro imposti dall'alto. Ecco un breve vademecum per progettisti, proprietari di immobili e imprenditori illuminati, che potranno trarre vantaggio se avvieranno per primi il cambiamento.

1: Utilizzare gli oggetti, e quindi anche gli edifici, in modo più intenso. L'edificio commerciale medio europeo è inutilizzato o non occupato dal 35 al 40 per cento del tempo durante le ore di ufficio. L'opportunità di utilizzare meglio lo spazio disponibile, spazi flessibili di lavoro per una forza lavoro sempre più mobile, è enorme. Un'idea è che le aziende offrano scrivanie vuote a freelance o start-up, magari attraverso piattaforme innovative come Haus.

Utilizzando in modo più intenso un bene, la domanda di costruzione di nuovi spazi diminuisce. L'industria, pertanto, utilizza meno materiale, aumentando i ricavi per metro quadrato.

2: Far durare gli oggetti il più a lungo possibile. L'uso intenso porta naturalmente maggiore usura, aumentando la necessità di rinnovare, sostituire o aggiornare infissi, accessori e finiture interne. Per quanto riguarda la ristrutturazione, solo le parti usurate o obsolete dovrebbero essere sostituite, riducendo al minimo il nuovo materiale che entra in un edificio. È necessario un nuovo approccio alla progettazione e al dettaglio per rendere più semplice la sostituzione delle parti.

3: Progettare edifici flessibili. Alla fine, le condizioni del mercato cambieranno e la domanda di usi diversi di un sito crescerà. Per esempio, supponiamo che più persone lavoreranno da casa, e la domanda di uffici scenderà. Ma la domanda di alloggi potrebbe salire o rimanere costante, per cui il mercato suggerirà di convertire gli uffici, almeno parzialmente, in appartamenti. Occorre tener conto di questa flessibilità quando si fa una ristrutturazione di un'area commerciale. Il design a open-space e le generose altezze da pavimento a soffitto sono un buon inizio. Ma occorre lavorare con in testa la convertibilità dello spazio.

4: Decostruire, non demolire. Il mercato continuerà a cambiare e alcune costruzioni inevitabilmente dovranno essere sostituite. Seguendo i principi dell'economia circolare, gli edifici dovranno essere decostruiti, non demoliti. A seconda dei materiali, le facciate intere e anche le strutture di costruzione potrebbero essere lasciate intoccate per il riutilizzo.

E anche gli edifici sostitutivi dovranno seguire le linee guida sopra elencate, garantendo che la progettazione non inibisca le modifiche future. Assieme alla flessibilità progettata, bisogna scegliere materiali a basso impatto e riutilizzati, e qualsiasi cosa deve essere facilmente sostituita.

5: Avere una visione a lungo termine, rendendo possibile flessibilità, adattabilità e cambi di utilizzo. La standardizzazione, un argomento molto inviso agli architetti, contribuirà a ottenere un migliore flusso di materiali da un progetto all'altro.

6: Incorporare materiali di seconda mano. Ciò ha importanti implicazioni per i progettisti: rinunciare alle libertà derivanti da abbondanti materiali personalizzati. In un'economia circolare questa libertà è limitata, il progettista è costretto a lavorare con i materiali già disponibili.

I principi dell'economia circolare saranno più difficili da applicare ad alcuni progetti rispetto ad altri. Le difficoltà maggiori verranno dalla mentalità di imprese, addetti, fornitori, sempre pronti ad adattarsi velocemente ai voleri dell'industria dei materiali e delle costruzioni, ma riottosi a ogni cambio epocale che comporti la crescita del settore.

È logico che, quando ci saranno leggi e incentivi, il cambiamento avverrà per forza, ma chi si muoverà prima potrà massimizzare il valore residuo dei materiali e quello dell'edificio, proteggendosi contro le future incertezze.