Ha senso catturare la CO2 e pomparla nel sottosuolo per evitare l'effetto-serra? Secondo uno studio geo-economico, sembrerebbe di sì. Una tecnologia spesso strumentalizzata sta guadagnando credibilità.

Una ricerca condotta a Princeton promuove il processo di cattura&stoccaggio di CO2 per pomparla nel sottosuolo. Le perdite sono statisticamente irrilevanti e i costi per affrontarle sono coperti dai vantaggi.

Abbiamo già parlato di una tecnologia molto promettente in chiave di lotta ai cambiamenti climatici, la cattura & stoccaggio dell'anidride carbonica. Questo processo è usato spesso in maniera controversa, sia per l'uso strumentale, ovvero come alibi per processi estremamente pesanti in termini di produzione di CO2 (come le centrali elettriche a carbone), sia per i dubbi a riguardo una destinazione frequente del gas, pompato nel sottosuolo.

Secondo uno studio della Princeton University, sembrerebbe che questa procedura non sia soggetta a perdite significative, ovvero al rilascio della CO2 in atmosfera, né ad alti costi legati alla prevenzione e alla riparazione delle perdite.

In un documento pubblicato il 26 luglio nella rivista Climatic Change, i ricercatori hanno concluso che livelli di perdite basati su simulazioni su ipotetiche aree di stoccaggio di anidride carbonica sovrapposte, anche nel caso peggiore, non renderebbero il costo della tecnologia proibitivo.

Nella cattura e stoccaggio del carbonio, l'anidride carbonica, che viene rilasciato dalla combustione di combustibili fossili in una sorgente come una centrale elettrica, viene catturata, compressa in un fluido denso e iniettata un chilometro o più sotto la superficie del terreno per lo stoccaggio permanente. La tecnologia non è ancora utilizzata in larga scala. I sostenitori ritengono che sia una strategia promettente per la mitigazione del cambiamento climatico mentre i combustibili fossili sono ancora in uso. Una preoccupazione principale, tuttavia, è se il gas possa essere rilasciato e tornare in atmosfera.

I ricercatori hanno simulato matematicamente gli impatti geofisici dello stoccaggio del carbonio, che includono proiezioni di perdite, in combinazione con l'impatto economico delle azioni effettuate per fermare le perdite e del pagamento delle sanzioni associate.

Hang Deng, dottorato a Princeton e autore principale del rapporto, ha spiegato che la cattura e lo stoccaggio del carbonio sono state studiate da anni, con molti studi incentrati sull'efficacia del processo e sul potenziale di perdita. Ma la squadra di Princeton ha voluto comprendere sia la quantità della perdita eventuale che le sue implicazioni economiche.

"È questa la caratteristica peculiare del nostro studio", ha detto Deng. "Penso che questo sia il primo tentativo di fare collegamento con l'economia del processo." Catherine Peters, autrice e presidente del Dipartimento di Ingegneria civile e ambientale di Princeton, ha dichiarato che i ricercatori hanno voluto rispondere a due domande: ci possono essere perdite significative e quale impatto economico potrebbero avere sull'adozione commerciale della tecnologia? La risposta a entrambe, sostiene, è stata 'no'.

Lo studio è stato effettuato con la modellazione basata sia sugli aspetti geofisici della cattura e lo stoccaggio del carbonio, come il flusso attraverso le formazioni geologiche sotterranee, e la modellazione economica del mercato globale dell'energia, utilizzando un modello di valutazione integrata. "Abbiamo studiato gli scenari peggiori", ha detto Peters. "E abbiamo scoperto che la CO2 sarà bloccata in modo affidabile nel sottosuolo."

Deng ha detto che sono stati quantificati diversi tipi di impatti, tra cui la contaminazione delle acque sotterranee e la fuga nell'atmosfera. Un'altra è stata la possibilità che la fuoriuscita di CO2 potesse interferire con altre operazioni nel sottosuolo, come lo stoccaggio di gas naturale. Nella modellazione, tuttavia, i rischi monetizzati di questi impatti sono stati trascurabili.

Questa constatazione è molto importante per il futuro della mitigazione del cambiamento climatico, ha detto Peters. "Per più di un decennio, le perdite sono state considerate una potenziale barriera per un'ampia diffusione della cattura e dello stoccaggio del carbonio", ha detto.

"Questo è uno studio insolito in quanto abbiamo incrociato un modello geofisico e uno economico. Se avessimo studiato solo uno o l'altro, non avremmo appreso ciò che abbiamo appreso," ha detto Peters. "Questo tipo di studio multi-disciplinare sta diventando sempre più impoertante quando si tratta di risolvere questioni spinose come il cambiamento climatico," conclude Peters.

Tranquillizza sapere che le perdite relative alla CO2 pompata sotto terra sono trascurabili, ma tranquillizza ancor più verificare l'approccio non strumentale dato alle tecnologie di cattura & stoccaggio. Fino a poco tempo fa, infatti, erano usate in maniera quasi ideologica per definire 'pulite' tecnologie che non lo erano affatto. Ora sono considerate in sé, e quando associate a centrali elettriche a combustibili fossili, viene rimarcato il loro carattere transitorio.