Quando si può, si deve riutilizzare. Ma per le batterie delle auto elettriche un consulente USA preferisce il riciclo. Fortunatamente sembra una voce isolata.

La società Lux Research di Boston, Massachusetts sconsiglia uno dei riutilizzi più promettenti, quello delle batterie dei veicoli elettrici. La logica e le industrie automotive non-USA hanno un'altra opinione.

Quella tra riciclo e riuso è una contrapposizione che non ha ragione di essere: quando possibile, è sempre meglio il riuso, come abbiamo già scritto nel nostro Le 5 erre del riuso.

Ma non sembra pensarla così la Lux Research, una società di consulenza industriale di Boston, che ha pubblicato un rapporto che sembra scoraggiare gli investimenti sulla seconda vita delle batterie delle auto elettriche, una promettente branca del riuso di cui abbiamo parlato in Batterie da veicoli elettrici.

Il rapporto, intitolato "Riutilizzare o riciclare: la domanda da un miliardo di dollari sulle batterie," fa un po' di conti economici e conclude che il riciclo, piuttosto che il riutilizzo, sarà l'opzione più conveniente per i 65 GWh di batterie che nel 2035 saranno dismesse dalle auto elettriche di prima generazione, entrate nel mercato in questo periodo.

Secondo altri autorevoli analisti, riutilizzare queste batterie tal quali sarebbe un operazione invece molto conveniente, esse infatti non avranno abbastanza spunto per spingere i voraci motori delle auto, ma saranno ancora più che sufficienti per funzionare da accumulo per impianti fotovoltaici domestici.

Lux Research sostiene invece che la variabilità delle condizioni in cui si troveranno le batterie farà scadere di molto la qualità percepita del prodotto.

La differenza di costo non giustificherebbe la scelta di batterie usate, poiché un impianto usato sovradimensionato di 11.2 kWh potrebbe costare 4600 euro attuali, contro i 5600 di un sistema nuovo da 7 kWh, ma questo delta potrebbe essere compensato da una minore durata residua delle batterie usate.

"Con la tecnologia attuale, è più conveniente riciclare le vecchie batterie per ottenere materie prime di qualità," ha dichiarato Christopher Robinson, socio di Lux Research e autore principale del rapporto.

"Detto questo, le innovazioni in settori come l'imballaggio e la sperimentazione potrebbero capovolgere questo verdetto, per cui è meglio per le aziende considerare entrambe le possibilità, riciclo e riutilizzo", ha aggiunto.

Non siamo d'accordo. Il rapporto Lux Research è figlio di una concezione industriale nordamericana, da sempre ricca di materie prime e per questo sprecona e megalomane. Per un sistema flessibile e inventivo come quello italiano è inconcepibile mandare a fondere gli elementi di batterie ancora funzionanti per produrre batterie meno performanti di quelle distrutte.

È vero che la qualità delle batterie usate sarà variabile (e questo, in ambito industriale, non piace a nessuno), ma è altrettanto vero che la peggiore batteria usata avrà prestazioni maggiori delle batterie nuove vendute a un costo comunque superiore.

È vero che il costo di produzione delle batterie nuove è destinato a scendere, ma è altrettanto vero che il costo delle batterie usate è comprimibile fino al compenso che il riciclatore è disposto a pagare le le materie prime, è cioè quasi zero.

Del resto l'industria automotive ha già preso posizione su questo argomento: se Tesla sostiene il riciclo, BMW e Nissan scommettono forte sul riuso, mettendo sul mercato sistemi di accumulo residenziali basati sulle proprie batterie usate, mentre Daimler sta progettando di costruire con le proprie batterie usate un mega impianto da 13 MWh. Inoltre, Tesla persegue il riciclo solo perché le sue batterie non sono adatte per le esigenze di un accumulo domestico.

Gli impianti fotovoltaici non sono la sola alternativa di riutilizzo di queste batterie: la società Totus Power ha progettato un dispositivo di accumulo portatile (battezzato Jupiter6) della capacità di 300 Wh ricavato da elementi di batterie per veicoli elettrici usate. Gli elementi a esaurimento potranno essere facilmente smontati e sostituiti con altri elementi usati. Il fondatore Shiv Rajendran, non a caso, di origine indiana, è convinto che le batterie usate saranno una risorsa notevole, soprattutto per il paesi più poveri del pianeta.

Come si vede, il limite per l'utilizzo di questi elementi è solo la creatività. La fonderia non deve essere la destinazione principale, ma solo l'ultima istanza per gli elementi danneggiati o definitivamente esauriti.