Dibattiti sull'olio di palma: Greenpeace avvisa, è solo greenwashing

La storia "fantastica" dell'Olio di palma, pensiero ormai entrato nella testa di tutti, nelle tavole da molto di più, tanto da essere uno degli argomenti più toccati dell'ultimo anno.

Dopo numerosi anni di discussioni, supermercati e aziende italiane sono pronte a dare un giro alla boa, spinti dal desiderio di accontentare questi "pesanti" consumatori, attenti e soprattutto informati per salvaguardare la loro salute e, a quanto pare, anche l'ambiente che li circonda, comunicando ufficialmente quale fosse la loro posizione dinnanzi al tanto odiato olio di palma.

Nonostante questa retrocessione anche social e web delle imprese e dei supermercati italiani, nell'ottobre 2015, a difesa del nemico,è nata l'Unione Italiana per l'Olio di Palma Sostenibile, per diffondere la cultura tra i consumatori della sostenibilità dell'olio di palma sia nutrizionale che ambientale.

Obiettivo portato avanti con una campagna di comunicazione istituzionale creata per divulgare tra gli italiani cosa è l'olio di palma sostenibile.
Ma, con gli spot iniziati a fine febbraio su Mediaset e sulla Rai, sono iniziate le divisioni tra i pro e i contro.

A sostegno della campagna troviamo numerose multinazionali come Ferrero, Unilever, Nestlè insieme ad Aidep (Associazione italiana dell'industria olearia) e Associazioni Prodotti e Preparazioni alimentari aderenti ad Aiipa (Associazione Italiana Industrie Prodotti Alimentari), una alleanza che mette insieme la maggioranza delle aziende che usano olio di palma e che fa capire quanto quest'ultimo abbia riempito i nostri piatti senza che ce ne rendessimo conto.

Acerrimo nemico dell'Unione Italiana per l'Olio di Palma Sostenibile, è il sito Olio di Palma Insostenibile, in cui vengono illustrati i danni creati da questo prodotto, non solo per la salute, ma anche per la natura e per i nostri amici animal, segnando l'inizio del caos.

Eliminazione da parte dei supermercati, incazzatura dei produttori, marketing impennato e opinione pubblica infuriata.
Coop ad esempio, come molte grandi catene di supermercati che hanno deciso di eliminare dagli scaffali tutti i prodotti contenenti olio di palma, ha pensato bene di far sparire circa 200 prodotti a marchio dell'azienda che contengono quell'ingrediente e probabilmente la prossima sarà Esselunga.
Altri invece esaltano i prodotti che non lo hanno.

Il perchè è molto semplice: la voglia di andare incontro alle nuove idee sostenibili dei consumatori che sono sempre più decisi di allontanarsi da questo ingrediente.

Ma a lanciare un'allarme è Greenpeace: c'è rischio di greenwashing. Annalisa Rahmawati, rappresentante di Greenpeace Southeast Asia per il settore foreste, ha sottolineato che la richiesta di olio di palma è al massimo storico tanto quanto la consapevolezza che la produzione sia la causa di deforestazione in paesi come l'Indonesia.Nonostante sia un pessimo momento, i progressi raggiunti fino ad adesso, conclude, possono diventare greenwashing se i protagonisti del settore non si orientano verso filiere che escludono la deforestazione.

Cosi, la Rahmawati, accusa soprattutto l'RSPO, la tavola rotonda per l'olio di palma sostenibile.
Secondo lei è un'iniziativa internazionale i cui protagonisti sono solo i produttori, le industrie alimentari e le organizzazioni ambientalistiche, che però non stanno facendo nulla per proteggere le foreste e che non sono assolutamente in grado di tracciare la provenienza dell'olio usato per i prodotti, accontentandosi di fare un po di "green".

Allora, ci chiediamo, se le aziende che fino ad oggi lo usavano, domani, comunicheranno con orgoglio la "liberazione" dei loro prodotti, indicandolo in maniera esaltata sulla confezione, avranno ugualmente la coscienza pulita, o c'è "puzza di bruciato"