Lo shopping a basso costo aumenta la produzione di rifiuti.

Secondo Greenpeace, la giornata statunitense del Black Friday inquina e produce grandi quantità di rifiuti.

La giornata americana del Black Friday ha dato il via allo sfrenato shopping natalizio a cui hanno associato speciali promozioni per aumentare le vendite, non fa altro che rincarare inquinamento e produzione dei rifiuti.

Questo è quanto dichiarato da Greenpeace Germania che ha pubblicato appunto una ricerca che sottolinea i danni causati all'ambiente dal troppo consumo di capi d'abbigliamento.

Secondo Giuseppe Ungherese, responsabile della Campagna Inquinamento di Greenpeace, non è facile restare fermi dinnanzi ad un buon affare e promozioni a basso costo non fanno altro che aumentare i consumi e di conseguenza la produzione di rifiuti ad un ritmo più elevato di quello che il pianeta è in grado di sostenere.

Sotto i riflettori ci sono le sostanze chimiche usate dal settore tessile che contaminano fiumi e oceani, e i pesticidi utilizzate nelle piantagioni di cotone, che inquinano gli appezzamenti agricoli che non possono più essere adibiti alla produzione di alimenti.

Le fibre sintetiche sono uno dei più elevati costi per il pianeta: ad esempio, il poliestere emana una quantità di anidride carbonica triplicata rispetto al cotone, contenuto per una percentuale pari al 60% nell'abbigliamento e ci mette decenni a degradarsi.

Ogni anno, come si può leggere dal rapporto, ogni persona compra il 60% in più di capi d'abbigliamento e la durata si è dimezzata rispetto a 10 anni fa, producendo così quantità maggiori di rifiuti tessili.

Una produzione quella dell'abbigliamento che è raddoppiata rispetto al 2000, con vendite che hanno raggiunto quasi i 2.000 miliardi di dollari nel 2015.

Si pensa che nel 2025 possano raggiungere i 2.100 miliardi di dollari.

Ma il "Buy Nothing Day", a cui anche Greenpeace ha partecipato, in concomitanza con il Black Friday, vuole ricordare ai tutti i consumatori che gli acquisti impulsivi sono destinati alla discarica.